Gianni Cavina in Ernesto protagonista nel cast artistico di "Una Grande Famiglia", una saga famigliare in sei puntate, regia di Riccardo Milani su Rai 1 dal 15 aprile in prima serata. Sede Rai viale Mazzini, Roma 11 aprile 2012 ANSA/FABIO CAMPANA

Gianni Cavina, il bel ricordo di un attore familiare

Sul set di Una sconfinata giovinezza

A volte per essere ricordati nel mondo dello spettacolo non è necessario avere avuto grandissimi successi, o avere partecipato a numerose produzioni, ma per essere ricordati dalla gente comune, quella che va al cinema o alla sera guarda la televisione, è sufficiente avere, magari, interpretato pochi ruoli, o girato pochi film, ma avere imbroccato quelli giusti, avere fatto aderire la propria personalità di attore al personaggio, averlo, il personaggio, in altre parole, abitato. Questo, forse, è quello che è successo nella carriera artistica di Gianni Cavina, scomparso qualche giorno fa lasciando un bel ricordo della sua presenza scenica e un altro vuoto in quella unica e immaginaria fotografia che raccoglie autori, registi, attori e spiccate professionalità che hanno fatto a volte molto bello e in altre occasioni meno, quel cinema italiano che si è risollevato dalle secche in un cui era precipitato nei dannati anni ’80 e che oggi, grazie al lavoro di tanti, sa guardare al suo pubblico senza arrossire. Gianni Cavina aveva un posto in questa immaginaria fotografia e in gran parte il posto lo aveva conquistato grazie alla sua umiltà e capacità d’attore, dotato di una spontaneità rara, ma anche grazie al suo amico Pupi Avati, che aveva confidato, a ragione, in quelle qualità affidandogli ruoli nei suoi film che, a partire dalla fine degli anni ’60 del secolo scorso, lo hanno reso famoso al pubblico del cinema.

 

Regalo di Natale

 

Cavina aveva avviato il proprio rapporto con il mondo dello spettacolo proprio con un remoto film del regista bolognese suo amico. Balsamus, L’uomo di satana del 1968, racconto gotico ispirato alla figura di Cagliostro, costituì l’esordio sul grande schermo sia per il regista, sia per Cavina, che in quel film interpretava in personaggio di Alliata, nobile e amante della moglie del protagonista. Raccontare della figura di Gianni Cavina, nella prospettiva del suo lavoro nel mondo del cinema, da questo momento in poi vuol dire raccontare del rapporto con Pupi Avati. Una relazione artistica duratura e più volte replicata tra cinema e televisione. A quel primo film, infatti, molti altri ne seguirono e per citare i più famosi: La mazurka del barone, della santa e del fico fiorone del 1975, La casa dalle finestre che ridono del 1976, il successivo Bordella dello stesso anno, Le strelle nel fosso del 1979 e poi il film che forse lo rese davvero famoso, quel Regalo di Natale del 1986 che ebbe il merito di valorizzare non solo Cavina, ma anche Carlo Delle Piane e Diego Abatantuono nei quali Avati seppe vedere doti segrete al pubblico in un film che resta saldo nel ricordo di ogni spettatore per la carica di malinconica cattiveria che lo caratterizza. Sarebbe tornato Gianni Cavina a giocare a poker 20 anni dopo sempre diretto da Avati nell’ideale sequel che è La rivincita di natale del 2004.

 

L’ispettore Sarti

 

Intervallando il lavoro con l’amico Avati, Cavina avrebbe fatto parte del cast de L’ingorgo del 1979, anomalo film nella filmografia di Luigi Comencini, e nel 2006 con Marco Bellocchio in Il regista di matrimoni, ancora con Avati negli ultimi anni in Gli amici del bar Margherita del 2009, nel 2010 in Una sconfinata giovinezza e nell’anno successivo ne Il cuore grande delle ragazze. Per finire, sempre del regista bolognese, a Il signor diavolo del 2019 e l’annunciato Dante previsto in prossima uscita. Il sodalizio tra Avati e Cavina trovò ideale sponda anche nella televisione. Gianni Cavina, infatti oltre ad avere interpretato da protagonista la serie TV L’ispettore Sarti – andato in onda sulle reti RAI tra il 1991 e il 1994 per la regia di Maurizio Rotundi e Giulio Questi – ha lavorato sui set televisivi di Avati. Sebbene il suo rapporto con il mezzo televisivo risalga ai primi anni ’70 con Il mulino del Po di Sandro Bolchi, storico regista di quegli sceneggiati televisivi che in quella televisione avevano anche il compito di divulgare un basico sapere letterario, è con l’Avati di Jazz band del 1978 e Cinema!!! del 1979 che il suo volto comincia a diventare noto anche al pubblico della televisione. Gianni Cavina è stato, dunque, un attore versatile e interprete di quella autenticità emiliana così cara al suo regista e amico. Un attore che seppe catturare il cuore del suo pubblico proprio con quella sincerità che conferiva ai suoi personaggi, anche ai più perfidi come il famoso Ugo di Regalo di Natale. Con Cavina, indubbiamente, va via un altro pezzo della nostra storia del cinema, come è accaduto con molti altri della sua generazione, quegli attori che, ricchi di una lunga gavetta, hanno saputo portare sullo schermo o sui palcoscenici dei teatri il peso della loro esperienza e l’umiltà per un lavoro che deve arrivare al cuore e alla mente del pubblico. Con il suo fare semplice e la sua innata bonomia, Gianni Cavina apparteneva a questa categoria ed è questa l’immagine familiare con la quale sapremo ricordarlo.