

Desplechin soffonde queste figure in una sorta di flusso di coscienza condivisa che alterna la focale lunga dell’identità delle figure in campo con la focale corta della città, che del resto campeggia da protagonista nel titolo. E’ dallo sfondo che emergono i drammi che si impongono alla coscienza di Douad come casi della quotidiana umanità: una ragazza è scappata di casa, un uomo finge un’aggressione per incassare l’assicurazione, qualcuno ha dato fuoco a un appartamento disabitato e, soprattutto, una vecchina ottantenne è stata trovata strangolata nel suo letto. Claude e Marie, due sbandate amanti che vivono lì accanto (Léa Seydoux e Sara Forestier), sono le principali
sospettate e l’inchiesta si struittura sulla loro colpevolezza, di cui Douad è certo. La materia poliziesca è pura e semplice, tanto quanto la matrice melvilliana cui il regista evidentemente attinge, intingendo però il tutto di una profondità sentimentale tutta sua. Roubaix, une lumière, che Desplechin s’è fatto ispirare da un documentario di una decina d’anni fa di Mosco Boucault ( Roubaix, commissariat central, affaires courantes), è un film che lavora sulla pulsionalità degli elementi, tanto quelli narrativi quanto quelli filmici. E’ come se Desplechin partisse da una prospettiva figurativa ben precisa, tagliata sulla nettezza compositiva dei personaggi e degli sfondi, per lasciarsi poi guidare da un instinto più docile, capace di una disposizione spirituale soffusa che sorregge il dolore e la miseria che cala sui personaggi. Il dialogo implicito tra Douad e Louis verte proprio sulla luce e sull’ombra, sulla consapevolezza dell’oscurità che appartiene al primo e sulla certezza della luminosità in cui si muove il secondo. Desplechin assume la forma del noir, che è cinema intinto nel nero, appunto, nel buio, ma poi fa un film che intitola proprio a “une lumière”, alla luce che si accende. Se il film si incarna in Douad, è in Louis che trova il suo punto di fuga: nella sua purezza, nella semplicità antica con cui a un certo punto lo mostra inginocchiarsi davanti al suo letto per pregare prima di andare a dormire, quasi fosse nell’Angelus di Millet.
