Der Spatz im Kamin: a Locarno77 le distorsioni familiari dei fratelli Zürcher

Lo strano mondo dei gemelli Zürcher: Silvan, che produce, e Ramon, che qui torna a scrivere e dirigere da solo, come nell’esordio The Strange Little Cat, dopo il passaggio a quattro mani di The Girl and the Spider. Der Spatz im Kamin, il passero nel camino, giunge in Concorso a Locarno77 per chiudere la trilogia degli animali dei due fratelli svizzeri: tessiture familiari estreme, tese sul filo di psicologie osservate in laboratori domestici concentrazionari. La matrice è geometricamente psicologica, relazionale e affettiva, ma al contempo quasi astratta, come fosse osservata con una lente d’ingrandimento che deforma azioni e reazioni, senza lasciare spazio al naturalismo. La tensione qui è se possibile anche più palpabile, intensa, fulgente nel suo concedersi a aspettative drammatiche che nei due lavori precedenti rimanevano più introflesse, simboliche: lo spazio domestico è letteralmente squadrato come un territorio di caccia psicologica tra le figure in campo, tutte strette da una relazione familiare che non lascia scampo. C’è Karen, sorella maggiore di Jule, opposte come due gocce d’acqua e d’olio: la prima vive ancora nella casa appartenuta alla madre, origine di tutti i turbamenti che la inchiodano a un malessere profondo e sempre più tangibile. Ne sanno qualcosa il marito, Markus, la figlia ribelle e volitiva Johanna e il figlio Leon, timido, bullizzato ma tutt’altro che fragile. La scena si completa con l’arrivo di Jule e suo marito, ospiti di un weekend per festeggiare Markus, e include anche Liv, figura enigmatica che vive nella foresteria annessa alla magione materna e interferisce nella quotidianità della famiglia prendendosi cura di Leon e di Johanna, ma anche di Markus, di cui è l’amante non troppo ignota a Karen…

 

 
Il setting estremo taglia come una lama la verità delle psicologie in campo: Ramon Zürcher non cerca certo la verosimiglianza, agisce piuttosto per enfatizzazione, amplificando azioni e reazioni, insinuandosi nelle pulsioni di figure che esprimono pienamente il loro malessere in un gioco scenico che diventa sempre più astratto. La linea drammaturgica si avvita su eventi che non trovano riscontro in un ordine logico o narrativo: era così già nei due film precedenti dei Zürcher, ma in Der Spatz im Kamin subentra nell’ultima parte una spinta visionaria che rende plastico il malessere, lo fa esplodere in una funzionalità fantastica che affabula l’universo teso e distorto della protagonista, concedendosi a un finale quasi cormaniano, che chiaramente include una buona dose di astrazione simbolica. Per il resto il film corrisponde perfettamente allo schema espressivo dei Zürcher, costruito su una straordinaria capacità di intrecciare nello spazio domestico azioni e psicologie con una precisione quasi coreografica: l’accumulo, l’affollamento, l’intreccio, l’incontro e lo scontro fisico tra i personaggi ha una precisione filmica simbolica quasi da slapstick invertito di segno, rabbioso, teso, implosivo…

 

 
Der Spatz im Kamin cerca di sicuro una via d’uscita al labirinto in cui è stato rinchiuso sinora il cinema dei gemelli Zürcher, affidandosi al ritratto pienamente psicotico di una donna che fa i conti con vissuti di maternità riflessa e rifiutata dai quali è oppressa. Il grado di tensione fisica, di violenza mentale e ambientale che questo film raggiunge è certamente più alto, plastico, incisivo. Funziona e ottiene l’effetto di liberare il cinema dei due autori, offrendo una via d’uscita fantastica, puramente mentale e visionaria a un percorso che sinora si era tenuto ancorato alla fisica degli elementi e alla psicologia delle relazioni.

 
Der Spatz im kamin sul sito di Locarno77