La tela del ragno: su MUBI The Girl and The Spider dei fratelli Zürcher

La luce invade le stanze vuote di un appartamento, anzi due. Operai si muovono metodicamente, montando armadi, sistemando arredi, scatole, oggetti, le cose scorrono con la caotica precisione di un trasloco: Lisa sta lasciando l’appartamento che ha condiviso con Mara per andare a vivere da sola e attorno a loro una piccola folla di figure, prevalentemente femminili (ma in evidente fluidità gender…), si agita tra passioni rimosse, dolori contenuti, piccole ferite che sanguinano sotto i cerotti. È in questo brulichio, così fisico e così impalpabile allo stesso tempo, che i fratelli Ramon e Silvan Zürcher trovano la ratio di The Girl and The Spider, la loro formidabile opera seconda che ha giustamente vinto (ex aequo con Hygiène sociale si Denis Côté) il premio per la miglior regia del concorso Encounters alla Berlinale 71. Il film è un sistema perfetto che nella trasparenza delle linee connesse tiene insieme in maniera invisibile e invincibile le figure che vi si muovono, proprio come una tela tessuta dal ragno del titolo, che dalla parete osserva l’indaffarato mondo di queste ragazze e ogni tanto si concede una passeggiata sulla mano di Lisa e Mara.

 

 

 

I fratelli Zürcher elaborano questo impalpabile dramma da camera lavorando sull’affollamento quasi “marxiano” (a proposito di fratelli…) dello spazio scenico, ridotto nei volumi ma soprattutto contenuto nel dialogo filmico tra campi ristretti e piani ravvicinati, in cui l’intreccio fisico delle figure corrisponde al progressivo e mutevole sovrapporsi psicologico delle loro relazioni. Un gioco sensuale, in cui i tagli di luce rendono visivamente palpabile il carezzevole districarsi delle passioni un po’ contorte eppure palesi che uniscono le figure. Lisa sta trovando una via d’uscita dalla rete affettiva in cui Mara l’ha stretta per anni, il loro viscoso scivolare l’una via dall’altra interseca la presenza equamente affettiva della madre della prima, ma incappa anche nelle interferenze attrattive delle figure in transito: il capomastro polacco fa la corte alla donna, mentre il suo giovane lavorante è attratto da Lisa, che a sua volta va in simmetria con la vicina di casa, che si presenta e partecipa al carosello rivolgendo le sue attenzioni sia a lei che a Mara… Un paio di cani s’intrufolano annusano abbaiano, l’appartamento della vicina diventa la valvola di sfogo delle passioni in corso e risucchia il garzone polacco, mentre gli addii, gli arrivederci e i benvenuti si sfaldano in una comune della passione, che per due giorni e una notte si offre con un fascino della narrazione astratta capace di ipnotizzare lo spettatore.

 

 

The Girl and The Spider è un piccolo miracolo di equilibrio logico del filmare, in cui Ramon e Silvan Zürcher danno prova di come l’idea di un film possa corrispondere alla propria forma (narrativa tanto quanto visiva) liberandola dalle griglie e lasciandola scorrere nella fluidità delle emozioni, nella trasparenza della luce. La dinamica la avevano già messa in campo nella loro opera prima (sviluppata sotto le cure di Bela Tarr), The Strange Little Cat, anche quello costruito nello spazio ristretto di un appartamento, sullo scorrere di una giornata addosso a una famiglia, tra lavatrici da riparare, nonne narcolettiche, cani e gatti a zonzo per le stanze, ecc. Un magnifico esempio di cinema da camera surreale, fatto di gesti che compongo una sinfonia di armonie disarmoniche. Proprio come accade in The Girl and The Spider, che vibra in una serie di azioni in cui l’irrazionalità incombe e la realtà disegna geometrie del caso, dissimulando la ragione degli eventi e dando forma all’inespresso desiderio delle relazioni.