In questi giorni gli spettatori italiani hanno il privilegio di poter vedere al cinema il film n.1 e il film n.12 di Christopher Nolan. Ovviamente Following e Oppenheimer non hanno nulla in comune, però l’opera prima dell’autore di Tenet è assai interessante perché getta dei semi che germoglieranno negli anni a venire nella sua filmografia. Nel 1998 il 28enne Christopher Nolan firma Following, a prima vista un aspro noir di 70′, in realtà un film nel quale lavora su «una struttura narrativa fratturata» (parole sue). La storia della produzione di Following è esemplare. Il regista parte dal cortometraggio Larceny (1996) e ne segue il metodo di lavoro: 16mm, bianco e nero, macchina a mano. Nolan l’ha scritto, diretto, fotografato, montato (con Gareth Heal). Budget di 6mila sterline, nove mesi di lavorazione, con le riprese effettuate solo nei fine settimana. Il film si apre con un interrogatorio/confessione. Un giovane di nome Bill (Jeremy Theobald, bravo nella sua freschezza incerta e naturalistica) viene interrogato da un uomo più anziano (John Nolan) che ha l’aria di averne viste e sentite tante e che pare avere perso la capacità di stupirsi.
La voce fuori campo di Bill ci racconta della sua abitudine di seguire le persone solo per vedere cosa fanno e dove vanno:«ero diventato un tipo solitario e annoiato. Non facevo niente tutto il giorno così cominciai a pedinare la gente. Divenne un’ossessione. Sono uno scrittore o almeno mi piacerebbe esserlo. Stavo raccogliendo materiale per i miei personaggi. Per iniziare a scrivere. Tutto doveva avvenire in modo casuale, quando ha smesso di esserlo le cose hanno cominciato a mettersi male. Quando ho cominciato a seguire persone specifiche, persone che avevo scelto di seguire, sono cominciati i problemi». Infatti grazie a questo malsano hobby Bill incontra Cobb (Alex Haw), un ladro di ricordi a cui piace irrompere nelle case delle persone e prendere oggetti, non perché siano preziosi, ma perché ama ricordare alle vittime quello che avevano. Vuole scuotere le loro sicurezze e desidera indurli a rivalutare ciò che davano per scontato nelle loro esistenze. Cobb sa come leggere una stanza: entrare nella casa di qualcuno e capire chi è semplicemente guardando come vive. Per lui tutti hanno una scatola dove non sono custoditi i segreti, ma anche i ricordi, gli oggetti personali che raccontano qualcosa di molto intimo: « è come un diario, lo nascondono ma in realtà vogliono che qualcuno lo veda». La scatola come il sogno condiviso di Inception. Da notare che il ladro di sogni interpretato da Leonardo DiCaprio in Inception si chiama Dominic “Dom” Cobb.
Fino a questo momento Following è sembrato più o meno lineare, anche se, ovviamente, sappiamo che viene narrato in flashback. Nolan si diverte a rimescolare la cronologia e a giocare con i dettagli visivi – la lunghezza dei capelli di Bill, il suo stile di abbigliamento, i lividi sul viso – solo per farci indovinare cosa sta succedendo/succederà. Mentre inizia a mettere insieme i pezzi, vediamo cosa è realmente accaduto (o ciò che ora immaginiamo debba essere realmente accaduto), intercalato da una nuova e ipotetica comprensione degli eventi. C’è un chiaro elemento di voyeurismo, che non è principalmente sessuale, almeno all’inizio. È più come se Bill non sapesse molto delle persone, ed è curioso di vedere come si comportano ma è consapevole che si deve dare delle regole. E questa è una costante nell’opera di Nolan: far spiegare ai personaggi le “regole” che hanno creato per se stessi (e di coseguenza lui come sceneggiatore-regista ha realizzato per loro). Forse Following sta alla scrittura di noir come Inception sta al cinema di un grande studio: una metafora del processo stesso. Il film pare avere anche una sorta di capacità divinatoria sulla carriera di Nolan: clamoroso che sulla porta dell’appartamento di Bill ci sia un adesivo di Batman, mentre accanto alla macchina da scrivere c’è un omaggio a Shining di Kubrick, altra opera nella quale il lavoro sul tempo e l’incrocio passato, presente e futuro sono fondamentali. In questa opera prima Nolan afferma la sua predilezione per la struttura cronologica contorta e il colpo di scena finale, in cui tutti i pezzi della trama del puzzle si incastrano e finalmente si vede l’intero quadro, scoperta che lo spettatore condivide col personaggio principale.