Il calore del sangue: a Venezia80 Aggro Dr1ft di Harmony Korine

Il calore della carne, il colore del sangue: corpi in visione cromatica, macchie di luce polarizzate sulla temperatura delle figure e degli ambienti. È interamente filmato con camere termiche, Aggro Dr1ft, il nuovo film di Harmony Korine (Fuori Concorso a Venezia80): come quando si rovescia un guanto, tira fuori dai corpi il loro calore e lo offre come materia visiva pura, astratta, immagini sature a definire lo scenario noir di un trip nei meandri di una Miami iporealistica, tra gang contrapposte e sicari che si danno la caccia. Crime story lisergica, Aggro Dr1ft è il negativo di Spring Breakers, la cui gioiosità sanguinaria, il cui vitalistico tuffo nella violenza inverte in una versione antisacrale, un messianesimo a testa in giù incarnato nella presenza quasi astrale di un killer di professione. Il migliore di tutti, elimina per soldi i capi delle gang delle fazioni opposte, come fosse un angelo sterminatore. Su di lui si palesa a tratti una sorta di divinità barbarica, teschio bovino e corna su corpo umano, come fosse la trasfigurazione astratta del Gaiking ideato da Go Nagai (detto per gli animefans…): quasi un padre degli inferi che lo guida nell’inferno cromatico di Miami.

 

 

La narrazione segue ossessivamente il flusso di coscienza del killer, il suo delirio soggettivo in cui dice se stesso, le sue motivazioni, le sue azioni: portare morte per accumulare soldi e far vivere nella finzione angelica della serenità e dell’amore i due figli e la voluttuosa moglie, una sorta di baccante che ne sazia il corpo tanto quanto i figli ne saziano lo spirito. Korine figura tutto come una visione splatter, in cui la materia organica annega nella funzione meramente figurativa offerta dalla distorsione della camera termica: il mondo non c’è più, c’è solo il calore dei corpi e quello della realtà trasformato in pulsione cromatica. In questo flusso di coscienza i corpi definiti dalla sagomatura termica si offrono con una stratificazione che ne rivela anche delle componenti meccaniche sottopelle, quasi a farne degli androidi immersi in un ambiente ludico o fantarealistico. Come il battito continuo offerto da AraabMuzik, il film martella la funzione percettiva dello spettatore tanto quanto lo spazio scenico che offre. L’azzeramento del piano reale si offre come una creazione priva di coordinate spaziotemporali, la timeline è funzionale esclusivamente alla definizione di un universo in cui, come in un videogame, il protagonista agisce autisticamente, chiuso nel suo bisogno di procedere, di andare avanti a furia d’azione, senza una ratio che non sia l’agire per continuare ad essere, per procedere e esistere nell’universo astratto in cui si è condannati a stare. Aggro Dr1ft è un grumo di violenza, privata della materia organica e tradotta nella funzione lisergica di una spiritualità invertita: non c’è scampo dal suo fascino, non c’è pietà per il reale.