Domina la libertà dei sentimenti e una silenziosa, ma inesorabile, rinnovata concezione dell’istituzione familiare. Un film che vive sulla ricchezza delle relazioni e su un proliferare in più direzioni dei sentimenti, in una commedia che sa rispettare una certa tradizione del cinema d’Oltralpe nel quale l’empatia per i personaggi muove, come un volano, il meccanismo e gli ingranaggi del film, che funzionano tutti alla perfezione in un incastro di piacevole godibilità. Quando Alex e Cécile affidano il piccolo Elliot alla loro vicina di casa Sandra (Valeria Bruni Tedeschi), single e titolare di una libreria femminista e un po’ misantropa, è perché Cécile sta per partorire. Lucille nascerà, ma Cécile non tornerà a casa. Alex si industria e con l’aiuto di Sandra, che intanto ha istituito un forte legame con Elliot prova a cavarsela con in più la neonata. Ma Elliot, nato da una precedente relazione di Cécile, è conteso dal padre. Nel frattempo Emilia una giovane dottoressa, si innamora di Alex e lo sposa, ma perde due gemelli. Ma i sentimenti sono più forti di ogni accadimento e nonostante Sandra abbia traslocato, i sentimenti di Alex restano immutati nei suoi confronti. Una commedia fittissima di relazioni e di brandelli di vita che improvvisamente accendono nuove relazioni. L’attachement diventa così uno scenario di cuori alla ricerca di un posto in questo complicato mondo dei sentimenti. Certo, come sempre accade, qui il mondo è perfetto senza gelosia e senza risentimenti e vendette e in questa realtà sicuramente edulcorata al punto giusto, ma anche credibile, si allarga non soltanto il concetto di famiglia e finanche di famiglia allargata, ma si deforma piacevolmente anche il concetto di maternità.
Già un paio d’anni fa, su questi stessi schermi veneziani, il film di Rebecca Zlotowski I figli degli altri, aveva introdotto il tema di una certa maternità surrogata con una acquisizione di responsabilità nei confronti di figli non propri, Carine Tardieu, quest’anno, se è possibile, va oltre questo concetto, introducendo quasi silenziosamente con questo suo film un tema della maternità come pratica possibile in più direzioni e con molteplici protagonisti. Quante mamme hanno il piccolo Elliot e la sorella Lucille, una in comune originaria, ma poi c’è Sandra, ma c’è anche Emilia e Alex fa la sua parte nel doppio ruolo di padre e di madre. Si, il tema che sembra avvolgere la storia e sul quale si intesse l’intera narrazione è proprio quello della maternità come possibilità offerta a tutti a prescindere dal genere e a prescindere dalle responsabilità biologiche. Si intessono relazioni e si dà vita a nuovi amori, ma restano le responsabilità genitoriali, primarie e irrinunciabili. È un cinema questo che prova a dire qualcosa, indubbiamente, che prova a dare segnali e indicare strade per rinnovare i concetti e lo fa sicuramente con una sua eleganza, con una sua intima verità, che le immagini e i dialoghi, curati come spesso accade nel cinema francese e quasi mai banali, sanno comunicare.
Per cui questa commedia apparentemente innocua, apparentemente solo brillante e solo sentimentale, sedimenta altre riflessioni e altri ragionamenti e lo fa con i suoi personaggi ben definiti da una sceneggiatura ricca e ben a fuoco in quel ritratto, che ci vuole lasciare, di una classe media in continua evoluzione, ma preparata al mutamento dei tempi, anzi, forse, inconsapevole motore propulsore del cambiamento. L’attachement (a Venezia81 in Orizzonti) appartiene d’altra parte a quella categoria, nuova o antica non importa, di cinema popolare che comunica senza filtri e rompe qualche barriera e lo fa con attenzione e con quella eleganza di cui dicevamo, senza sprechi e senza troppe pretese. Non è affatto poco per un film che non ha altre ambizioni se non quella di portare a spasso lo spettatore dentro un mondo, tutto sommato, desiderabile. Ma non è anche questo il ruolo del cinema?