Fino al 4 maggio 2025, allo Spazio Antonioni di Ferrara c’è Bruce Davidson / Zabriskie Point I volti dell’America, una mostra che celebra l’incontro sul set del film Zabriskie Point (1970) fra due giganti come Michelangelo Antonioni e Bruce Davidson. La rassegna è organizzata dalla Fondazione Ferrara Arte e dal Servizio Musei d’Arte del Comune di Ferrara ed è curata da Chiara Vorrasi. Scegliendo l’America della contestazione e i suoi temi: la fuga, la ribellione, la corsa verso la morte, il regista conserva il suo potentissimo sguardo e il tono apocalittico che gli suggerisce questo viaggio a stelle e strisce. Dove chiama come fotografo di scena Bruce Davidson: «Michelangelo è il più grande regista con cui abbia mai collaborato». Entrato nell’Agenzia Magnum nel 1958, Davidson ha presto instaurato un forte legame con i film. Si è spesso misurato con l’immaginario cinematografico, accettando sempre la sfida di giocare sul terreno scelto da un regista. I suoi scatti hanno ripensato l’immagine di icone come Marilyn Monroe. Il reportage che Davidson dedica a Zabriskie Point è considerato uno dei servizi seminali della storia delle foto di scena. Il soggetto del film di Antonioni propone un viaggio nell’universo giovanile delle controculture, ma è anche l’occasione per esplorare le dimensioni affascinanti e contraddittorie della società americana. Ritratti, vedute di Los Angeles, paesaggi lunari della Death Valley restituiscono il mosaico composito di una società dove convivono il mito del benessere e l’evasione in territori incontaminati, la violenza e la repressione, le architetture più avveniristiche e una natura quasi primordiale. Prolungando lo sguardo oltre il consueto, con una sensibilità capace di accogliere e trasfigurare, la realtà più comune assume un significato emblematico e il paesaggio più solitario si sublima in un’opera d’arte ai limiti dell’astrazione. Un altro affascinante punto di incontro tra Antonioni e Davidson è l’affinità con le ricerche visive, tra informale e Pop Art, che sfidano le proprietà della materia o s’interrogano sull’immaginario della società dei consumi. Sui dati esistenziali e politici prevalgono quelli simbolici: il deserto come luogo di incontro fra sentimenti e morte, l’esplosione immaginaria dei feticci del consumismo (cibo, elettrodomestici, vestiti, libri, giornali), l’amore nel deserto del Mojave con la chitarra di Jerry Garcia che impera…