È il 28 gennaio del 1950 quando Pier Paolo Pasolini lascia Casarsa, in provincia di Pordenone, con la madre Susanna, alla volta di Roma. Se ne va dal Friuli dopo lo scandalo che si è abbattuto su di lui (è accusato di corruzione di minore e di atti osceni in luogo pubblico). Lascia gli amici friulani con cui qualche anno prima ha creato l'”Academiuta di lenga furlana”, il suo modo per fare cultura attraverso l’uso del dialetto, ma anche di fare politica in opposizione al regime fascista che osteggiava l’uso delle “lingue barbare” perché espressione delle masse rurali. Ha perso il posto di insegnante e la vasta eco del processo mediatico, prima ancora che giudiziario, gli fa capire l’impossibilità della vita in provincia. È questa atmosfera di un mondo perduto che fa da sfondo a Non c’è acqua più fresca, lo spettacolo fortemente voluto da Giuseppe Battiston per la regia di Alfonso Santagata e la drammaturgia di Renata Molinari, prodotto dal CSS Teatro Stabile di innovazione del Friuli Venezia Giulia, basato sulle prime poesie in friulano di Pasolini, quelle di Poesie a Casarsa (1941-43), poi raccolte con altre successive in La meglio gioventù (1954).
Battiston (il cui padre è originario di Casarsa) e Piero Sidoti (che nasce come cantautore e si occupa anche delle musiche originali e dal vivo dello spettacolo) sono rispettivamente Sandro e Rico, due amici che erano soliti, insieme a Pieri Pauli e altri, realizzare “spetaculut” che la domenica portavano in giro per i paesini del Friuli. Un mondo arcaico, fatto di sagre di paese, “un paese di temporali e di primule” (per citare un’altra raccolta di scritti di Pasolini) che dimostra la passione del poeta per il mondo rurale e proletario. Sandro e Rico non possono che rievocare i bei tempi andati, coscienti che un’epoca è finita (in molti hanno lasciato il Friuli in cerca di fortuna o chiamati in guerra). Il titolo viene da un verso (Fontana di aga dal me paìs) della dedica a Poesie a Casarsa in cui si celebrano le rogge che scorrono nel territorio casarsese e canta la freschezza e la purezza di un universo da scoprire. Perfettamente in parte e complici Battiston e Sidoti che assecondano l’ottima drammaturgia di Renata Molinari che racconta un mondo e una stagione della vita attraverso una sapiente alternanza di poesie, canti e parole senza cadere mai nella celebrazione agiografica del poeta, così come la regia di Alfonso Santagata che firma anche lo spazio scenico (un palco che si trasforma a poco a poco in festa di paese). Come ha dichiarato lo stesso Battiston Non c’è acqua più fresca si fa memoria collettiva, non per nulla il sottotitolo è “Volti, visioni e parole del Friuli di Pier Paolo Pasolini”, attraverso «una forza evocativa, un vigore espressivo, una musicalità che, come nel rock, non richiede l’immediata comprensione del significato di ogni parola, ma chiede invece di abbandonarti alla musica». Le poesie sono tradotte e corrispondono alla seconda versione, quella italiana e più cupa, di La seconda forma de La meglio gioventù del 1974. Uno spettacolo da vedere tenendo presente le parole di Pier Paolo Pasolini: «Mi sembra che l’unica forza veramente contestatrice del presente sia il passato. Non c’è niente che possa far crollare il presente come il passato».
Milano Teatro Franco Parenti fino al 23 aprile
Bassano del Grappa Teatro Remondini 26 aprile
Scandiano (RE) Teatro Boiardo 28 aprile