Nell’ottima collana Gialli Tedeschi (Emons edizioni) c’è un noir storico davvero imperdibile: Berlino 1994 di Harald Gilbers (pag.391, euro 15). Primo romanzo di una trilogia che si annuncia fin da ora memorabile, Berlino 1944 (che ovviamente diverrà un film) è per dirla con le parole dell’autore:”senz’altro una storia inventata, ma l’ambiente descritto non lo è. Nello scrivere il romanzo mi sono sforzato di omettere il più possibile giudizi retrospettivi sugli eventi dell’epoca poiché volevo descrivere come la popolazione berlinese aveva vissuto quei giorni movimentati all’inizio dell’estate 1944, caratterizzati dall’incertezza sull’esito della guerra”. Per questo la cornice entro la quale si svolge l’azione assume una rilevanza persin superiore all’intreccio. Da domenica 7 maggio 1944 a domenica 25 giugno 1944, per le strade di una Berlino travolta dai bombardamenti si cerca un serial-killer. Con una sinistra ironia –mentre le bombe alleate fanno strage della popolazione ogni giorno – va fermato un pazzo che, ogni tanto, massacra delle innocenti e abbandona i loro corpi nei pressi di monumenti ai caduti della Grande Guerra. A condurre le indagini viene chiamato Richard Oppenheimer (“Oppenheimer perché è il protagonista del film di propaganda antisemita di Veit Harlan, Jud Süss, gran successo al box office nel 1940” ha dichiarato l’autore a La Stampa), un ebreo ex commissario della polizia criminale che ha combattuto a Verdun, continua ad amare il suo paese, ha un’amica aristocratica con la quale condivide l’amore per la musica. E si è salvato dalla deportazione grazie alla moglie ariana per sopravvivere in una sconsolante Judenhaus. Da qui viene prelevato una notte e costretto a lavorare con Vogler, un capitano delle SS che in lui vede l’investigatore perfetto per risolvere il caso. All’improbabile coppia Goebbles dà una settimana di tempo per scovare il colpevole. Ora Oppenheimer ha due problemi: fermare un assassino che è già tornato a colpire e capire quale destino gli toccherà alla fine dell’indagine. Gilbers è uno storico e quel che più gli preme è la ricostruzione della vita quotidiana nella capitale tedesca, squarci di verità fra le macerie. Nulla è lasciato al caso: per i dialoghi ha preso spunto da molto cinema degli anni Trenta e Quaranta, mentre per le scene e i “fondali” hanno contribuito diari, giornali, fotografie, previsioni meteo. Tutti hanno il pensiero fisso sull’andamento della guerra, si macerano nell’incertezza, molti si aiutano con il Pervitin. Per primo il commissario che ne è dipendente. “Ricordatevi di spedirmi tanto Pervitin, la prossima volta. Fa miracoli”- scriveva alla famiglia Heinrich Böll. Nulla di clamoroso: la Germania nazista è “ghiotta” di metanfetamina, militari e civili vi fanno un ricorso massiccio. La fabbrica di Pervitin inventa addirittura il cioccolatino al Pervitin per dare un supporto alle casalinghe. Richard Oppenheimer ormai non può più farne a meno. Ha il vizio cha hanno tutti, ma non è soltanto un individuo diverso dagli altri è anche un magnete di tutte le pulsioni di cui è costituita la vita del cittadino berlinese, sia un gerarca, un operaio, una prostituta, un soldato, un ebreo… Il commissario sta dentro lo schifo, conosce la corruzione e il male della città, ma la sua funzione è comunque quella di “scoprire il colpevole” anche se il serial- killer puoi fermarlo ma i veri criminali continuano a governare.