Dall’11 gennaio arriva su Boomerang (canale 609 di Sky, ore 20) Bugs! A Looney Tunes Production, la nuova serie animata che segna il ritorno sugli schermi dell’immortale Bugs Bunny. La serie è composta da 52 episodi da 11’ che vedono il coniglio leggenda dell’animazione alle prese con vecchie conoscenze. Si rivedrà Taz, ormai pacificato padre di famiglia ed impiegato contabile. Il bandito eterno ricercato Yosemite Sam, sempre a caccia di una banca da derubare e vittima preferita per gli scherzi di Bugs; Wile E. Coyote che, abbandonata l’infinita caccia al coyote, è ora il noioso vicino di casa di Bugs Bunny, fissato che la tecnologia sia la risposta ad ogni problema. Tra i nuovi personaggi spiccano, Squiks, lo scoiattolo volante amico di Bugs che non parla ma si esprime solo per squittii, spesso vittima di soprusi e sfortune e infine Bigfoot, una gentile e ingenua creatura che segue Bugs ovunque e si rivolge a lui chiamandolo “signorina”, senza un vero motivo. Lo show segna, finalmente il ritorno alla slapstick comedy classica in puro stile Warner Bros., abbandonando quindi l’impostazione da sit-com intelligente e la coralità che hanno caratterizzato The Looney Tunes Show, per riproporre la rapida successione di storylines in formato breve e basate su fulminanti gag visive.
Tutto è iniziato nel 1938 quando Ben Hardway, detto Bugs, gira su sceneggiatura di Howard Baldwin Porky’s Hare Hunt, uno dei film di caccia al maialino che fa esordire un coniglio bianco, completamente folle, con i dentoni in mostra e che cita Groucho Marx:”Of course, you know this means war”. Il coniglio in questo periodo si chiama Happy Rabbit. Mel Blanc, suo doppiatore storico, sosteneva che fu proprio lui a fargli dare il nome di Hardway. Chuck Jones invece dava il merito del nome a Charlie Thorson, un disegnatore della Warner che intervenne per rendere più simpatico il coniglio e prese a chiamarlo Bug’s Bunny divenuto poi Bugs Bunny. Nel 1939 altra trasformazione: il coniglio lascia il bianco per il grigio, le orecchie si fanno più lunghe e il muso più arrotondato. Lo possiamo vedere così in Elmer’s candid Camera di Chuck Jones e in quel capolavoro che è A Wild Hare di Tex Avery che è unanimamente considerato come il suo vero esordio. In entrambi i cartoons Bugs è alle prese con un nuovo avversario, il piccolo e pelato Elmer Fudd (professione: fotografo di conigli e cacciatore). Tex punta sulla velocità e la violenza, il suo coniglio vive in un buco surreale e si presenta con il celebre:”Wat’s up, doc?”, si lascia andare a strepitosi virtuosismi linguistici: imita Bette Davis, fonde l’accento texano con la parlata di Brookyn, rielabora il meglio delle trovate dei cartoon precedenti. Da subito il successo è travolgente al punto che lo stesso Jones si uniforma al modello di Avery. Già nel 1941, in Elmer’s Pet Rabbit, Bugs ha il nome prima dei titoli di testa. Alla Warner puntano forte su di lui e lo infilano nella classica storia esopiana della corsa con la tartaruga. Ne derivano tre cartoon indimenticabili: Tortoise Beats Hare (1941) di Avery, Tortoise Wins by A Hare (1945) di Robert Clampett, Rabbit Transit (1947) di Friz Freleng. Non ci possono essere più dubbi: è nata una stella destinata all’immortalità, come testimonia lo spazio che nel 1985 il Moma di New York riserva a Bug Bunny nella mostra che certifica la grandezza artistica dell’animazione.