Comincia come una tragedia shakesperiana The Crown, miglior serie drammatica agli ultimi Golden Globes: siamo nel 1947, ma l’investitura di Philip Mountbatten («un crucco qualsiasi», che viene da una famiglia di «opportunisti e arricchiti», non visto di buon occhio a Buckingham Palace per la sua nobiltà di piuttosto recente acquisizione) sembra uscita direttamente dalle pagine di Macbeth quando le streghe salutano il futuro re. Filippo (Matt Smith) deve, infatti, rinunciare a essere principe di Grecia e di Danimarca per diventare “duca di Edimburgo”, “conte di Merioneth” e “barone di Greenwich”. Il giorno dopo, il 20 novembre, sposerà Elisabetta (interpretata da Claire Foy, premiata come miglior interprete femminile), figlia di re Giorgio VI (Jared Harris) e futura regina di Inghilterra, diventando da quel momento il “principe consorte”. E di lì a poco, a causa della morte del re, dovrà anche rinunciare alla sua carriera e alle sue ambizioni perché per lui «l’atto di patriottismo» sarà stare al fianco di Elisabetta II, amandola e proteggendola.
Una serie appassionante che da una parte rievoca la storia dell’Inghilterra del dopo guerra (anche nei fatti meno noti come la nebbia che dal 5 al 9 dicembre 1952 avvolse Londra causando 12.000 morti e facendo sì che nel 1956 venisse votato dal Parlamento il “Clean Air Act” per contrastare l’inquinamento atmosferico e impedire che una tragedia simile potesse riprodursi), e dall’altra quella della famiglia reale mostrandone il lato privato, senza mai cadere nella retorica o nel pettegolezzo, ma non sorvolando né sui fatti più intimi (il cancro ai polmoni di re Giorgio), né su episodi risaputi come l’amore infelice della principessa Margaret (Vanessa Kirby) per il dignitario del padre, il colonnello Peter Townsend (Ben Miles), o la relazione tra Edoardo VIII (Alex Jennings) che abdicò per amore di Wallis Simpson (Lia Williams) e accettò di fatto di vivere in esilio, diventando semplicemente il duca di Windsor.
Elisabetta dimostra da subito di essere una donna forte, che è stata preparata al suo compito divino (perché «sei consacrata, non nominata e risponderai solo a Dio e non allo Stato», le fa notare la nonna, una strepitosa Eileen Atkins) fin dalla nascita, ma anche vulnerabile a causa della sua inesperienza: «Deve imparare – dirà la regina madre (Victoria Hamilton) – come un giovane generale quali battaglie combattere e quali abbandonare». In quanto donna la situazione è anche più difficile perché deve imporsi in un mondo di maschi che in apparenza la rispettano, ma cercano di pilotarla. Proprio qui sta il lato interessante perché Elisabetta rivendica il suo spazio a ogni occasione e accanto alla inevitabile solitudine del capo (molte le riprese dall’alto che la schiacciano e la inchiodano alle sue responsabilità), con un marito che non sembra capire le vere ragioni del suo ruolo e una sorella che le dichiara guerra per l’allontanamento del suo amato, seguiamo Elisabetta nella sua formazione. Essendo venuto a mancare il re, a farle da mentore è il Primo Ministro Winston Churchill (John Lightgow), ottantenne, da poco rieletto e pronto a cavalcare l’opportunità che gli si presenta: spostando di oltre un anno l’incoronazione, mette a tacere tutte le critiche al suo operato perché la sua missione diventa appunto quella di preparare la futura regina. Gli intrighi, infatti, non sono solo a corte, ma anche nel governo, in particolare con le manovre dei membri del suo stesso partito per far sì che il delfino Anthony Eden (Jeremy Northam) sostuisca il vecchio leone. Gli incontri settimanali tra Churchill ed Elisabetta sono tra i momenti più esilaranti della serie: nel rispetto totale della forma e delle istituzioni che entrambi rappresentano, non mancano le stoccate legate anche allo scontro generazionale. D’altra parte il creatore della serie è qualcuno che di duelli se ne intende. Si tratta infatti di Peter Morgan (anche autore della sceneggiatura), noto per aver scritto alcuni dei film a sfondo storico più belli degli ultimi anni: da The Queen (diretto da Stephen Frears e incentrato sempre sulla regina Elisabetta alle prese con la difficile gestione della morte della principessa Diana) a Frost/Nixon – Il duello (in origine uno spettacolo teatrale, portato sul grande schermo da Ron Howard e basato sulle interviste del giornalista inglese David Frost all’ex presidente degli Stati Uniti dopo lo scandalo Watergate). I dieci episodi che compongono la prima stagione sono stati diretti da Stephen Daldry (Billy Elliot, The Hours, The Reader), Philip Martin, Benjamin Caron e Julian Jarrold. Prodotta da Netflix, The Crown è, insieme a The Get Down di Baz Luhrmann, la serie più costosa mai realizzata con un budget di oltre 100 milioni di sterline. Nelle intenzioni di Peter Morgan dovrebbero esserci sei stagioni, ognuna delle quali copre un decennio della vita della Regina. Netflix ha appena confermato che la seconda stagione è in pre-produzione. Lunga vita a The Crown.