Fino al 22 aprile 2018, il MA*GA di Gallarate propone Kerouac. Beat Painting. Curata da Sandrina Bandera, Alessandro Castiglioni ed Emma Zanella, la rassegna presenta 80 tra dipinti e disegni, in gran parte esposti per la prima volta in Italia, capaci di proiettare una luce del tutto inedita sull’attività artistica del padre della Beat Generation. In particolare, viene analizzato il suo labirintico processo creativo e le sue relazioni con la tradizione della cultura visiva americana, con gli altri autori del movimento Beat, da Allen Ginsberg a William Borroughs e i maestri della pittura informale e della Scuola di New York che Kerouac iniziò a frequentare dalla seconda metà degli anni cinquanta del secolo scorso. La forza di queste opere risiede soprattutto nell’identità totale che Kerouac seppe condensare tra vita, produzione letteraria e ogni altra espressione creativa come la musica, il canto, la poesia, il cinema. In apertura Jack Kerouac, Truman Capote, olio su tela, 1959.
È un’occasione unica per ammirare le opere di Kerouac, finora esposte solo in alcuni selezionati musei come il Whitney Museum of American Art di New York, il Centre Pompidou di Parigi e lo ZKM di Karlsruhe e rimaste per decenni a Lowell (Massachusetts), città natale dello scrittore, all’interno del lascito testamentario gestito dal cognato, John Sampas, e in seguito ceduto ad una serie di collezionisti privati facenti capo al Rivellino LDV, Locarno (CH). Il percorso si articola in differenti nuclei in grado di sviluppare riflessioni che intrecciano la vita e la poetica di Kerouac, dai ritratti di personaggi famosi quali Joan Crawford, Truman Capote, Dody Muller o il Cardinal Montini ai riferimenti alla cultura beat, da Robert Frank a William S. Burroughs. La mostra approfondisce inoltre le relazioni tra Kerouac e l’Italia, attraverso una selezione di fotografie scattate da Robert Frank e da Ettore Sottsass alla moglie Fernanda Pivano, ad Allen Ginsberg e allo stesso Kerouac ed è arricchita da un progetto inedito di Peter Greenaway dedicato proprio a Kerouac. Una speciale sezione video amplia gli orizzonti culturali dell’evento, con la proiezione dell’intervista di Fernanda Pivano a Jack Kerouac, per gentile concessione di Rai Teche e di Pull My Daisy (1964), il cortometraggio (30 min.) sceneggiato da Kerouac, diretto da Robert Frank e Alfred Leslie, e recitato da alcuni protagonisti della Beat Generation, quali Allen Ginsberg e Gregory Corso.
Dipingo solo belle cose. Uso vernici da pareti e colla, uso il pennello e le punte delle dita. In pochi anni potrei diventare un pittore di primo piano. Se lo voglio. E quando potrò vendere i mie dipinti potrò comperarmi un pianoforte e comporre musica. Perché la vita è una noia.
Jack Kerouac, October 10, 1956, Mexico City