César Brie: Simone Weil mi ha riconciliato con il mio fare politica

brie2Nel suo ultimo, bellissimo, spettacolo La volontà. Frammenti da Simone Weil, César Brie fa rivivere Simone Weil ripercorrendone la breve esistenza e portando in scena la forza del suo pensiero rivoluzionario. La Weil fu infatti filosofa, operaia, sindacalista, insegnante, scrittrice, storica, poetessa, drammaturga, combattente, contadina, mistica… Più di un punto in comune con il regista, attore, drammaturgo argentino (che nel 1974 dovette riparare in Italia, a Milano, per sfuggire alla dittatura). In un’ora e un quarto di spettacolo Catia Caramia, intensa e incisiva nel ruolo di Simone, e lo stesso Brie, che impersona alcuni personaggi-chiave nella vicenda della donna (ovvero suo padre, il poeta Joë Bousquet, il domenicano Joseph-Marie Perrin e l’unico personaggio di finzione, l’infermiere-narratore che assiste Simone nell’ospedale di Ashford, in Inghilterra, dove morirà a soli 34 anni), portano in primo piano un’esistenza esemplare e un pensiero che chiama in causa ognuno di noi. Uno spettacolo, vincitore del bando “I Teatri del Sacro” che commuove e fa riflettere. Necessario, soprattutto in questi tempi.

 

Come è avvenuto il tuo incontro con Simone Weil?

La prima volta è stato nel 2000, quando ho fatto l’Iliade e ho letto il suo saggio sulla forza che mi ha stupito per l’enorme affinità, il suo concentrarsi sui personaggi minori (Licaone, Polidamante, poi certo anche Ettore e Achille). È stata la mia guida etica per quello spettacolo e qualche anno dopo, quando ho fatto Karamazov, ho cercato di sostituire le parole dello starets con quelle di Simone. Mi serviva qualcosa di molto sintetico, perché nell’economia dello spettacolo lo starets aveva un ruolo importante, ma breve. Ho trovato degli aforismi di Simone meravigliosi. Ho così cominciato a leggerla e a studiarla e mi ha aperto la testa. Per oltre due anni ho letto e riletto tutto quello che aveva scritto. Poi ne ho parlato con Catia, una mia allieva che assomiglia molto a Simone per caparbietà, serietà, dedizione e anche lei l’ha letta e ne è rimasta colpita. Così abbiamo cominciato a lavorare insieme nei seminari e poi abbiamo costruito lo spettacolo che considero come un primo avvicinamento. In futuro vorrei confrontarmi ancora con Simone Weil.

 

Anche perché i suoi scritti sono estremamente densi. Da un punto di vista drammaturgico come hai scelto i testi?

Avevo davanti i suoi viaggi e le sue biografie. Ho cercato di creare dei paragoni. A un certo punto mi è apparsa una traccia. In una nota della biografia di Gabriella Fiori si fa riferimento alla lapide posta accanto alla sua tomba con versi in italiano firmati C.M. e nessuno sa a chi appartengano quelle iniziali. Così ho costruitbrie3o il personaggio fittizio di Carlo Manfredi per cui ho inventato il ruolo dell’infermiere che accudisce Simone negli ultimi giorni a Ashford (naturalmente si tratta di una forzatura perché non c’erano infermieri maschi nel reparto femminile), ma mi serviva come figura di narratore: dall’infermiere si passa al padre, al fratello, a Bousquet, al padre dominicano e si torna all’infermiere. Ho poi spulciato nei testi di Simone e ho trovato le lettere che ha scritto quando è andata a combattere in Spagna, gli appunti sulla Germania totalitaria quando è andata a vedere con i suoi occhi cosa stava accadendo lì, il saggio Il bello e il bene per parlare di Alessandro Magno (quando rifiuta l’acqua nel deserto), alcune poesie di Bousquet (noi conosciamo il loro dialogo attraverso le lettere che si sono scritti, è a lui che racconta per primo la sua esperienza mistica), poi la lettera a padre Perrin, in cui spiega le ragioni per cui lei, ebrea, non può diventare cattolica. E ancora il suo libro Le riflessioni sulle cause della libertà e dell’oppressione sociale in cui immagina una società basata sul lavoro manuale. Simone aveva un enorme rispetto per la classe operaia, per i lavoratori, che andava di pari passo con il disprezzo per gli intellettuali che non realizzavano ciò che teorizzavano. Ho unito questi pezzi sintetizzandoli ed è stato un grosso lavoro perché bisognava trovare un equilibrio tra i frammenti della sua vita, in modo che restasse un paradigma di quello che è stata la sua esistenza, e i frammenti delle sue opere.

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Colpiscono la modernità e la forza di pensiero di Simone Weil. Anche il titolo che hai scelto, La volontà, fa riferimento al suo atto deliberato di capire nel profondo quello che succedeva non solo intorno a lei, ma nel mondo. Una pensatrice rivoluzionaria.

Simone Weil è straordinaria, ma è scomoda a tutti. Non accetta mai compromessi, smaschera tanto la destra quanto la sinistra. Litiga con Trotsky, che ospita a Parigi, e la moglie rimane colpita dal fatto che una ragazza di 24 anni gli abbia tenuto testa. Lui se ne va indignato, ma dopo quattro giorni fonda la IV Internazionale. Simone Weil ha studiato molto bene Marx, lo ammirava e lo criticava quotidianamente. Dice che Marx ha prospettato un’utopia che non ha nessuna base reale, lei sostiene che non è la proprietà dei mezzi di produzione il problema, ma è la qualità del lavoro. Quindi ha anticipato tutti… E muore a 34 anni. La lettera che scrive il giorno prima di morire alla madre in cui si lamenta che «tutti elogiano la mia intelligenza, ma non si preoccupano di pensare se dico il vero oppure no» è di una tristezza straziante. Simone non ha mai detto ai genitori di essere in ospedale, nelle sue lettere li tranquillizzava. L’Inghilterra è l’unico posto dove loro non riescono ad arrivare e dove la sua salute crolla perché lei si dimenticava di mangiare, si nascondeva nel bagno degli uffici della Resistenza francese, aspettando che tutti se ne andassero, per scrivere di notte…

 

Un incontro, quello con Simone Weil, che non può lasciare indifferenti, molti spettatori erano commossi.

Per quanto mi riguarda, questa donna mi ha riconciliato con le fonti da cui sono partito per diventare un essere politico. Ho cominciato a fare politica da bambino si può dire, anche se non ho mai aderito a un partito, e il motore era lo spirito cristiano. Il fatto che lei identifichi il cristianesimo con la filosofia, consideri la pietà e l’amore le fonti dell’azione umana, mi fa riflettere profondamente sulle cause per cui ho cominciato e mi riconcilia con le fonti del mio reagire alle ingiustizie.

 

Le foto sono di Paolo Porto

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Modena

Teatro delle Passioni

6 – 13 aprile

 

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