Un uomo sul tettuccio di un auto. Urla e balla. Una donna si mette i gioielli e si prepara per uscire. Sull’autobus ascolta musica con gli auricolari. Sono Ali & Ava, i protagonisti del quarto film di Clio Barnard (presentato alla Quinzaine des réalisateurs 2021), talentuosa regista inglese che ha spesso raccontato la sua città d’origine, Bradford nello Yorkshire. È qui che vivono Ali (Adeel Akhtar), di origine pakistana che per vivere gestisce gli immobili di famiglia diventando amico dei suoi locatari, e Ava (Claire Rushbrook), di origine irlandese, di professione insegnante (o come ci tiene a precisare “teaching assistant”, insegnante di sostegno). Hanno entrambi superato la quarantina, entrambi sono nati a Bradford e si incontrano per caso, un giorno che Ali accompagna Sophia, la figlioletta dei suoi inquilini, a scuola e poi dà un passaggio in auto ad Ava perché sta diluviando. Entrambi hanno alle spalle situazioni difficili: lei, punto di riferimento per i suoi quattro figli e già nonna di cinque nipoti, ha un passato di violenze domestiche; lui, abita accanto a madre e sorella in una sorta di comunità allargata, è in crisi con la moglie Runa con cui continua a vivere da separato in casa senza che il resto della famiglia lo sappia.
Il loro incontro è contrassegnato da mille timori («Non avrei dovuto farti restare», dice Ava dopo che Ali ha dormito da lei e lui risponde: «Va tutto bene. Non stiamo facendo del male a nessuno» o più tardi, nel loro primo weekend insieme: «Hai ancora paura?», chiede lui. E lei: «Sì, di quanto mi piaci»), ma soprattutto è segnato dalla musica che è parte integrante delle loro esistenze. I loro gusti sono agli antipodi: Ali, ex dj, ascolta e compone bhangra, electro e rap mentre Ava adora la musica country e folk e spesso canta in casa o nel pub con il figlio Callum. La conoscenza reciproca passa anche attraverso questo canale, anzi è proprio la musica a dettare il ritmo dei loro incontri: dalla riluttanza iniziale, inizieranno poi ad ascoltarsi e ad ascoltare la rispettiva musica e a trovare dei punti di accordo tanto che Ali arriva a comporre una ballata in stile Bob Dylan per lei e Ava ascolta la canzone che lui le ha fatto sentire quando sente la sua mancanza. Bellissima la scena in cui si scatenano sul “divano-nave” di Ava dopo essersi scambiati gli auricolari in un mix dei loro brani del cuore.
In realtà la storia d’amore che si sviluppa tra accelerazioni improvvise e brusche frenate («Sono una persona da zero a 100 – rivela Ali – perché non accelero gradualmente» e ancora, «Sono io quello che esagera», di fronte allo slancio di Ava) fa da sfondo all’emergere di tematiche più complesse quali la questione razziale (Callum, vicino agli skinhead, mal tollera l’amicizia tra sua madre e un pakistano), religiose (il tenere all’oscuro la famiglia di Ali dalla separazione ormai avvenuta), i pregiudizi rispetto a un amore in età matura (la figlia Michelle prima dice ad Ava che «è ora di voltare pagina e trovare un uomo decente» poi la mette in guardia dal trovarsi tra le braccia di «un dongiovanni», la nipote e la sorella di Ali che lo controllano), la solidarietà tra persone ai margini (Ava che ospita la figlia di Dawn, l’amica bipolare). Clio Barnard è bravissima nel dare vita e spessore a due personaggi estremamente reali (basati effettivamente su due persone che ha incontrato), grazie anche ai due straordinari interpreti, raccontando una storia d’amore che si sviluppa sotto i nostri occhi, senza mai banalizzare, ma anzi facendo risuonare importanti questioni sociali. La regista ha rivelato in un’intervista al Guardian che sentiva l’esigenza di fare qualcosa di positivo in un’epoca in cui arrivano raramente buone notizie: questa storia d’amore, l’entusiasmo che la caratterizza, va vista come «un atto di resistenza e la gentilezza come un atto di coraggio. Abbiamo visto molte divisioni da parte dei politici per il loro tornaconto, ma quello che ho visto, sul campo, è gente estremamente gentile che si aiuta. E volevo rendere omaggio a questo atteggiamento».