Berlino75 – Alla Woche der Kritik In Her Time (Iris’ Version) di Diane Severin Nguyen e Sleep #2 di Radu Jude riflettono sul fare cinema

Un film di produzione statunitense ambientato in Cina e un film di produzione romena che ha per set la tomba di Andy Warhol in Pennsylvania sono stati accomunati nel programma intitolato Pastime proposto dalla Woche der Kritik di Berlino. Due film brevi, poco più di un’ora ciascuno, per riflettere sul cinema, il suo farsi, il suo essere (stato) fatto, il suo presente e la sua memoria. In entrambi i casi, ricorrendo a una forma sperimentale, di ricerca, a un metalinguaggio dagli esiti differenti. Si tratta di In Her Time (Iris’ Version) – presentato in prima mondiale – di Diane Severin Nguyen e Sleep #2 di Radu Jude. Oltre che regista, Nguyen lavora nel campo della fotografia, del video e delle installazioni. E si vede. Nel tracciare l’itinerario professionale e esistenziale di una giovane e affermata attrice cinese che sta per interpretare un film sulla guerra cino-nipponica di metà Novecento quando il Giappone invase la Cina, Nguyen convoca nel suo film una pluralità di elementi formali e diegetici non sempre convincenti, a partire da un uso del video, della sua luminosità, fin troppo “sfacciato”. Ciò è evidente fin da subito in quella che, interpretandola in chiave teorica, si pone come la scena madre dalla quale tutto si materializza. L’attrice è all’interno di un mezzo di trasporto che attraversa vari luoghi urbani e (si) ripete dialoghi da imparare, copione in mano – come farà pure in altri ambienti. Tutto il film è come se “esistesse” dentro quell’unica scena, alla quale tornare, e da essa prendesse vita il resto. Nguyen non dà molte spiegazioni, “accompagna” la protagonista nel suo peregrinare tra esterni e interni in una continua ricerca di sé che non si conclude fra una stanza con vista su una ruota panoramica, strade, lo studio cinematografico dove si girano film in costume tra azioni e pause, mentre i toni variano dall’ironia al dramma a lampi di visioni oniriche. (In apertura una immagine tratta da Sleep #2 di Radu Jude).

 

In Her Time (Iris’ Version) di Diane Severin Nguyen

 

Il discorso che Radu Jude fa sul cinema è del tutto diverso e Sleep #2 è un capolavoro. “A desktop film by Radu Jude”, così si legge sui titoli di coda. E si basa su un solo punto di vista, quello della live cam posizionata sulla tomba di Warhol che registra ogni istante. Nello specifico, quanto ripreso da essa nel corso di un anno, tra gennaio 2022 e gennaio 2023, e re-interpretato da Jude per un saggio sul cinema, il tempo, lo spazio, l’immaginazione, la visione, di immensa portata. Jude interviene su quella fonte originaria, muta (non ci sono dialoghi, e i tre haiku citati sono impressi sulle immagini), con espedienti visivi, immagini in negativo, manipolazioni cromatiche, diversi livelli tra campi ravvicinati, medi e lunghi resi possibili dai suoi movimenti con il mouse (a tratti si vedono le barre del computer). Ri-propone lo stesso set, luogo sempre identico eppure sempre diverso, “dicendo” per tutto il film la provenienza di quelle immagini, una Earth Cam il cui marchio è sempre visibile. Non nasconde, Jude. Cambiano le stagioni, le luci, mentre il flusso di persone anonime che si reca a visitare la tomba è infinito, crea micro-mondi, storie sulle quali fantasticare, perdersi, emozionarsi, osservando esseri umani, animali, la vegetazione. Il tempo scorre (im)mobile in quel cimitero-parco dove morte e vita si intrecciano. E sonno, in vita e in morte. Lo “sleep” del titolo fa tanto esplicito riferimento al film-fiume di Warhol quanto a un altro “dormire”, quello dell’artista lì, sottoterra (e: “cosa” accadrà in quel sottosuolo impossibile da vedere e che Cronenberg è andato a indagare con il suo nuovo film The Shrouds?). Sleep #2 è un testo di evocazioni, memorie, pensieri, riflessioni, cinema espanso, teorico, struggentemente “amatoriale” nel senso del cine-amatore di Stan Brakhage, un invito alla visione e alle sue infinite potenzialità nell’esistenza/relazione di campo e fuori campo. Inoltre, un saggio su come usare al meglio le nuove tecnologie, farle proprie, non lasciarsi sottomettere da esse.

 

Sleep #2 di Radu Jude