Dall’alto: a Locarno76 El auge del humano 3 di Eduardo Williams

Lo sguardo ubiquo, o se preferite l’ubicazione sfalsata dello sguardo. E non solo perché (l’argentino) Eduardo Williams sta col suo cinema ovunque nel mondo, dalla Sierra Leone al Mozambico alle Filippine, senza una vera e propria traiettoria narrativa, ma seguendo una linea teorica del vagare astratto come fosse la visione di un drone svaporato. Quello di Eduardo Williams è uno sguardo ubiquo, non collocato, perché attraversa idealmente la materia stessa dello spazio e del tempo filmico, si spinge in una dimensione della libertà che è tutt’altro che concettuale e ancor meno ideale, ma appartiene a una condizione umana di questo ex-nuovo millennio, a una generazione di corpi astratti nella concretezza dello spazio. El auge del humano 3 (in Concorso a Locarno 76) è proprio questo dialogo astratto tra la materialità di uno sguardo che fluttua nell’alto e la limpida trasparenza dei corpi che si muovono in libertà nelle sue coordinate. Uno sguardo empireo ed empirico allo stesso tempo, che forza la meccanica impellente e ovviamente impotente della realtà virtuale, per adattarla alla realtà fisica, alle latitudini e alle longitudini del mondo reale. Interamente girato con una VR camera, un drone sferico con ripresa a 360°, il film si offre come un trip azzerato nella performance visiva, spinta a seguire un gruppo di ragazzi tra Taiwan, lo Sri Lanka e il Perù: la solita nidiata di adolescenti felicemente randagi che attraversa lo spazio giocosamente, sgravandosi del peso della Storia e delle loro stesse storie, delle biografie di cui pure evidentemente sono portatori.

 

 

Rispetto a El auge del humano (Pardo Cineasti del Presente a Locarno 2016), questo terzo volet – che scavalca il secondo di cui al momento non si ha traccia – è un tracciato immateriale e ancor più indefinibile, che sfugge alla traiettoria stessa dei passi dei protagonisti, che pure rappresentano l’unica sinossi possibile del film. Ne ascoltiamo i dialoghi, ne vediamo il vago gioco con la camera, gli svenimenti improvvisi che determinano il passaggio di stato da un luogo all’altro. Eduardo Williams gioca letteralmente con loro, li segue come fossero figure bigger than life, corpi magnifici e astratti, quasi la versione uguale e contraria dei ragazzi di Luca Guadagnino (We Are Who We Are ma anche Bones and All )…Se il primo capitolo era uno sguardo entomologico sui ragazzi di Buenos Aires, stava lì, accanto a loro, con occhio quasi fisico, con la prossimità neo-neorealistica della pornowebcam, El auge del humano3 sta letteralmente e totalmente nella definizione en plain air dell’esistere, nella libertà che sfugge al senso, alla biografia reale, alla definizione dell’essere. El auge del humano… ovvero nascita, evoluzione, crescita, ascesa dell’uomo (nuovo)… Come fossero Pokemon, i ragazzi di Eduardo Williams evolvono…