Desiderio e destino: Love Lies Bleeding, di Rose Glass

Ci sono tanti cartelli motivazionali nella palestra su cui si apre Love Lies Bleeding, presentato alla Berlinale e che segna il ritorno alla regia di Rose Glass cinque anni dopo il meno considerato Saint Ange. Sono lì, quegli avvisi, per inneggiare naturalmente alla fatica per il risultato (“no pain no gain”), al destino che va forgiato con la volontà e l’allenamento. Ma, fra loro, uno recita “train at your own risk”, allenati a tuo rischio. È quasi un glitch del sistema, un segnale fuori posto nella corsa al successo dei self made men (e women), lastricata di buone intenzioni ma dove è facile perdersi. Come accade ad esempio a Jackie, che è fuggita da una famiglia che la considera un mostro e ha perseguito la strada del body building, sperando di vincere un premio a Las Vegas. Nella palestra di cui sopra incontra Lou, con cui scoppia una divorante passione. Lei, che in quel luogo ci lavora, la introduce agli steroidi, con cui il corpo di Jackie inizia a mutare, insieme al mondo attorno a lei. Ma intanto c’è da fare i conti con la famiglia della stessa Lou, composta da una sorella vittima delle percosse del marito violento e da un padre-padrone che tiene in scacco tutta la cittadina con i suoi traffici di armi, le mazzette alla polizia e le esecuzioni sommarie di chi gli sbarra la strada, parenti inclusi. Lui che pure si vanta di aiutare chi gli è vicino, come Lou appunto. L’allucinazione primaria è nostra, che in questo lesbo noir attraversato da visioni immerse in un rosso abbacinante vediamo riflesso tanto cinema degli anni Novanta: non tanto per l’ambientazione nel 1989, all’alba del decennio, che anzi è meno sbandierata che altrove.

 

 
Il punto è dato soprattutto dalle suggestioni da racconto Tex-Mex con cattivi esasperati e una coppia di donne toste strette fra due estremi: come a dire Ridley Scott, Robert Rodriguez, Gus Van Sant, anche David Lynch e Oliver Stone… Da un lato c’è la voglia di autodeterminarsi, di poter fare le proprie scelte prendendo in mano il fato. Dall’altro una vita che sfugge, perché c’è sempre qualcuno che decide per noi, come il marito o il padre – interpretato da Ed Harris, uno che a fare il grande manovratore di trame e destini ci ha abituati bene dopo Truman Show, tanto per tornare agli anni Novanta. Nell’intervallo fra una realtà possibile e una già decisa a priori, le due protagoniste vivono la loro intimità con passione, forti di un’interpretazione magnificamente tangibile da parte di Katy O’ Brian (vista in Mandalorian e Quantumania) e Kristen Stewart. La loro fisicità prepotente ritaglia squarci di immanenza e realismo in una realtà pulp e diventa terreno di confronto e elaborazione del mondo grazie a una regia partecipe e sentita. Il racconto passa così da una prima parte più tenera e sensuale a una seconda in cui si snoda l’intreccio noir (abbastanza tipico, comunque), fino a una terza che lascia esplodere la componente emotiva nella mutazione dei corpi, con tanto di grande citazione di un super classico dell’exploitation al femminile come Attack of the 50 Foot Woman, di Nathan Juran.

 

 
Il che sollecita gustose letture da racconto post nucleare in un mondo abitato da figure diaboliche, cui Jack e Lou oppongono una sincerità del corpo messa a dura prova dal balletto delle dinamiche, tanto da arrivare a dubitare a vicenda di sé stesse mentre le verità si confondono, le percezioni si alterano, le dimensioni variano, i morti si moltiplicano e/o risorgono, la coppia si rompe e si ricostituisce. Il dramma generale si immerge così nell’aspro confronto personale, dove ritroviamo ancora quella dicotomia iniziale: da un lato Jackie che affronta la vita d’istinto, indisciplinata ma manovrabile, dall’altro Lou che cerca di tenere la situazione sotto controllo anche quando la posta in gioco si fa sempre più sfuggente e pericolosa. Nella girandola dei mondi possibili, Love Lies Bleeding oscilla così fra la più classica parabola umana e il realismo fantastico: a tratti si ha l’impressione di un film eccessivamente preoccupato di ritagliarsi uno status di culto, tanto da risultare forse più interessante che riuscito, ma comunque Rose Glass dimostra un buon polso. Prendere o lasciare.