Locarno 72 – In Concorso Yokogao, l’oscura innocenza di Koji Fukada

L’intrusione e l’estraneità sono le chiavi di accesso del cinema di Koji Fukada alla realtà, che non è mai basata su una verità moralmente univoca, ma si muove nella linea d’ombra di personaggi ambigui, destabilizzanti, che urlano silenziosamente la loro colpevole innocenza. Era così per i protagonisti di Kentai (Hospitality) e di Harmonium (con cui tre anni fa aveva vinto a Cannes il Certain Regard) ed è così anche per Ichiko, la protagonista di Yokogao (The Missing Girl), con cui è in Concorso a Locarno 72. Questa donna matura (interpretata da Mariko Tsutsui con lacerante semplicità) è la versione trasparente degli intrusi che nei film precedenti di Fukada traviano le esistenze dei loro ospiti: è una dolce infermiera, che è entrata a far parte di una tranquilla famiglia, prendendosi quotidianamente cura della vecchia nonna malata terminale. Quando la tragedia si abbatte sulla casa col rapimento della figlia più piccola, poi ritrovata sana e salva, Ichiko diventa il perno di una terribile verità, che lei tiene colpevolmente nascosta, per non perdere la fiducia di quella gente: il rapitore, catturato dalla polizia, è infatti suo nipote, ma lei non rivela la cosa, seguendo il consiglio di Mokoto, la sorella maggiore della vittima, che nutre per Ichiko un affetto morboso, di cui la donna, nella sua semplicità, non si rende conto. Questo determina il dramma che si abbatte sulla sua vita, perché la verità, rivelata per gelosia proprio da Mokoto, viene infine a galla, i giornalisti si accalcano alla sua porta, il suo silenzio diviene indizio di colpevolezza e l’intera realtà di Ichiko crolla, lasciandola sola e disfatta nella sua inutile innocenza, intrisa di una vergogna che la marchia agli occhi del mondo, senza che lei abbia colpa alcuna, abbandonata persino dall’uomo col quale stava per sposarsi.

 

Fukada costruisce questo dramma sul filo sottile e silenzioso della colpevole innocenza di questa donna, lavorando in parallelo sulla ricostruzione degli eventi accaduti e sulla successiva vendetta che Ichiko cerca di prendersi sul comportamento malevolo di Mokoto, rubandole l’uomo che ama. Questa costruzione narrativa consente a Fukada di tagliare trasversalmente la verità morale della sua protagonista, mostrandone la versione depravata perché degradata dagli accadimenti, mentre ricostruisce gli eventi che ne hanno segnato la natura. La dinamica è coerente con l’istinto di questo regista, portato a costruire film nutriti di ambiguità, silenzi, rivelazioni che oscurano le ragioni dei personaggi piuttosto che chiarirli. Il punto di contatto tra la verità e la menzogna è il germe che provoca la rovina negli scenari di intimità e innocenza che dipinge in principio, spiazzando progressivamente e inesorabilmente le certezze morali su cui costruisce i suoi personaggi, quelli positivi come quelli negativi. Il fulcro resta sempre la mancanza di una verità univoca, il venir meno del baricentro tra colpa e innocenza, e in Yokogao il dramma che ne deriva ha una potenza morale sontuosa e piena, che lascia il livido e spiazza lo spettatore.