Locarno77: Youth (Hard Times), secondo capitolo della saga doc di Wang Bing

Dopo il lavoro, la contrattazione: strano processo produttivo, ma tant’è… Per i giovani lavoratori cinesi raccontati da Wang Bing sono tempi duri: Youth (Hard Times) (Qing chun [Ku]) è il secondo dei tre capitoli di questo lungo progetto, che ha preso cinque anni della sua vita e che descrive un mondo chiuso nel suo universo lavorativo concretissimo eppure astratto, porzione di socialità implosa nell’idea ormai svanita di una working class diffusa, che (con)fonde vita e lavoro, pura materia umana integrata nella ritmica meccanica della produzione. E infatti, proprio come il lavoro di questa gioventù che passa ore alla macchina da cucire, rifinendo porzioni di capi d’abbigliamento che saranno poi assemblati altrove, il processo è fatalmente inverso e il redde rationem della paga giunge a fine stagione: si contano i pezzi cuciti nei lunghi mesi di lavoro, si moltiplica per il costo unitario e si spera che il padrone non giochi al ribasso… La contrattazione non è collettiva, ma di gruppo, un po’ di tensione, qualche intoppo, alla fine si abbozza un accordo, si svuotano le camerate che hanno fatto da abitazione tra un turno e l’altro, si fanno i bagagli e si prende il treno per tornare a casa, 30 ore di viaggio e una porzione della paga da sottrarre per comprare il biglietto…C’è un po’ più di vita vissuta di questi ragazzi di provincia in Youth (Hard Times) : certo la gran parte dei 230 minuti di questo secondo capitolo si svolge nei quartieri delle fabbriche di Zhili, la città 150 chilometri a ovest di Shanghai scelta da Wang Bing per raccontare la gioventù cinese del terzo millennio, ma rispetto al primo capitolo – Youth (Spring) visto nel 2023 a Cannes – qui il faccia a faccia tra le prevalenti ore lavorative e quelle trascorse nei dormitori è minore.

 

 

All’osservazione della “forza lavoro” questa volta Wang Bing sembra preferire la narrazione di una vaga umanità che reclama il proprio tempo, fosse anche solo tempo lavorativo da pagare… E allora emerge qualche storia: chi si fa carico di mediare col padrone, chi va in conflitto col proprietario perché vorrebbe andare via, ma ha perso il libretto col conteggio dei capi lavorati e non riesce a essere pagato. Poi c’è una sorta di esproprio proletario in forma di appropriazione (in)debita…: il proprietario è finito in prigione e gli operai rimasti senza paga cercano un risarcimento per poter tornare a casa con qualcosa in tasca…
Il lavoro e i soldi restano la materia prima del vivere di questi ragazzi senza storia ai quali Wang Bing cerca di offrire una scena differente, una narrazione esistenziale che in questo secondo capitolo arriva anche nella parte finale, quando li segue nel loro ritorno a casa, in provincia. Dove è tutta un’altra scena, un’altra Cina: antica, rurale… Strade sterrate, niente cemento, case nei campi: padri che fanno brillare fuochi d’artificio per salutare il ritorno dei figli, madri che accolgono nuore inattese, figli che cucinano per i genitori e mostrano ciò che hanno imparato a fare… Tutta un’altra storia, insomma: vita! Non solo lavoro… Un finale che è praticamente un coming soon di Qing chun gui (Youth [Homecoming] ): tra pochi giorni, a Venezia81… Vedremo come va a finire.

 

Youth (Hard Times) sul sito di Locarno77