Era facile predire una fiorente carriera a Bryan Bertino dopo l’exploit, nel 2008, del primo The Strangers: per come univa un certo gusto consapevole dei modelli (ma non gratuitamente cinefilo o ammiccante) a un uso sapiente degli spazi e dei tempi narrativi. Nelle gesta immotivate dei suoi assassini – nulla si sapeva su chi fossero e perché attaccassero i protagonisti – emergeva inoltre una visione nichilista e oppressiva, capace di dare forma a uno strano umore panico, dai risvolti malinconici, simbolo di un male capace di annichilire senza rimedio. Come a voler dimostrare di avere le idee chiare, il nostro ha poi fondato la Unbroken Films, con cui ha prodotto i successivi Mockingbird e il bellissimo The Monster, che se da un lato rivendicavano l’amore per iconografie classiche (il clown assassino, la creatura nel bosco), proseguivano il viaggio con coerenza poetica e variazioni stilistiche (più virato al point-of-view cinema il primo, più affine all’esordio il secondo). Al contempo, il nostro teneva anche a battesimo debutti importanti come quello di Osgood Perkins con February, nel quale si intravedeva persino un’affinità nell’uso delle atmosfere in cui l’oscurità si unisce a sfumature di malinconie per una felicità irraggiungibile. Eppure, dal lancio in grande stile dell’esordio, al direct-to-video con cui il nostro mercato ha assorbito (spesso con colpevole ritardo) tutti gli altri film citati, si capisce che Bertino è sì un autore da tenere d’occhio, ma anche un nome che non ha ancora creato dibattito: l’uscita di The Dark and the Wicked è quella che con tutta probabilità provocherà il più classico dei “turn the tide”, come dimostra anche l’attenzione tributatagli dal 38° Torino Film Festival, dove ha tenuto a battesimo la nuova sezione Le stanze di Rol.
In effetti la circolarità che ci riporta a The Strangers la troviamo nell’ambientazione casalinga, ma con effetti rovesciati: lì era questione di non far entrare il male, che qui è invece già presente, ha corroso la famiglia dall’interno lasciando i due figli in balia dello spettro (reale) della perdita degli anziani genitori. Che in un efficacissimo gioco di rispecchiamenti abitano nella stessa casa di famiglia di Bertino, sintomo di quanto l’autore investa in dinamiche evidentemente molto personali, anche senza voler forzare troppo la mano. Su questo canovaccio va quindi in scena un nuovo gioco di pedinamenti fra i protagonisti e la minaccia oscura che agisce dentro e fuori le stanze, senza che nessuno possa fornire conforto, né la medicina, né la religione, fragili e a loro modo anche complici del male. In un confronto a distanza con due altri film che hanno molto fatto parlare di sé di recente, ovvero l’australiano Relic di Natalie Erika James e il Gretel e Hansel del già citato Perkins, si può capire ancora meglio la sottigliezza del lavoro di Bertino, per come lavora sugli ambienti senza mai cedere alle lusinghe dell’arcaicismo o dell’espressionismo più o meno fiabesco. Al contrario, prevale una cifra realistica, che pur giovandosi della forza espressiva dei landscape ritratti dai formidabili campi lunghi, non fa venir meno un lavoro sulla concretezza della casa, dei corpi vilipesi dal male e oppressi dall’età e dalla malattia. È, in fondo, un’ennesima teorizzazione del tempo quale autentico male immobile eppure passivo cui è sottoposta la vita, e che per questo lavora proprio sulle attese, sulle pause, sulle improvvise impennate dell’orrore – ma quanta attenzione nel dosaggio dello shock che non diventa mai barocco jumpscare – e sulla pelle stessa per dar forma a un’atmosfera sempre più stretta addosso ai protagonisti e alle loro vite. Lo fa descrivendo le dinamiche fra un uomo e una donna, come in Strangers: lì erano una coppia in crisi, qui sono un fratello e una sorella che elaborano in modo diverso il senso della perdita cui sono progressivamente esposti, nudi e soli davanti alla tragedia in atto. Il tutto è racchiuso nella semplicità di una storia riassumibile in poco e elaborata nella sintesi di un racconto che, ancora una volta, non dice mai troppo. Ma riesce, anche per questo, a generare un’asfissia che ci ricorda come questo cinema sa scavare nel profondo. E fa paura.
A noleggio su My Movies fino al 23 novembre: https://www.mymovies.it/ondemand/38tff/movie/the-dark-and-the-wicked/