Si moltiplicano i film che esaminano lo spinoso tema della facile diffusione delle armi in America e si arroventa anche il dibattito attorno ad uno dei più grandi problemi che gli Stati Uniti si trovino ad affrontare internamente. Il dilagare della violenza e delle vittime di questa violenza senza senso, ha spinto alla nascita di molti comitati e organizzazioni che si stanno battendo per un maggior controllo da parte delle autorità, ma il loro compito è difficile e ostacolato dalla politica e dal potere detenuto dagli stessi produttori di armi da fuoco. È questa una sintesi molto semplicistica del film Under the Gun, diretto da Stephanie Soechtig e prodotto dalla giornalista Katie Couric (che ne è anche la narratrice), presentato all’ultimo Sundance Film Festival e, non senza polemiche, in molte città degli Stati Uniti. Soechting e Couric – che hanno già lavorato insieme per il precedente documentario Fed Up sull’industria alimentare americana e sull’incremento dell’obesità nei bambini – affrontano in questo documentario d’inchiesta un tema più che mai attuale, e lo fanno prendendo una netta posizione.
Il film, infatti, parte dall’attualità: l’incremento dei morti per scontri a fuoco ed esecuzioni di massa e la lentezza con cui le istituzioni sembrano voler risolvere la questione. Per questo la macchina da presa si muove con agilità attraverso gli ultimi fatti di cronaca che hanno avuto luogo in città come Newton, Aurora, Tucson, Isla Vista e Chicago, intervistando i parenti delle vittime, ricostruendo ogni volta i fatti e fornendo dati precisi. Nella sua forma schematica, Under the Gun è efficace nel delineare una situazione che richiede più attenzione, ma che sembra trascinarsi e perdersi nel conflitto aperto tra le due fazioni, di chi lotta per maggiori controlli nella vendita delle armi, e chi, invece, identifica una pistola con il concetto di sicurezza e diritto all’autodifesa. Non si tratta di opinioni, ma di fatti, sembrano volerci dire le autrici, perché “22 persone in America saranno colpite da un’arma da fuoco prima che il film sia finito”, si dice proprio all’inizio. Si procede, quindi, con precisione anche analizzando il contesto puramente politico. Le leggi sono cambiate da quando Martin Luther King è stato assassinato, eppure le falle nel sistema sono tante e non sempre giustificabili con la semplice idea di giustizia e libertà, se risulta evidente che non ci sia da parte del Congresso la volontà reale di limitare la vendita diretta di armi da fuoco a chiunque. Con l’agilità del reportage Stephanie Soechtig ci presenta un’ampia panoramica fondendo statistiche e dati sorpendenti, a partire dal fatto che l’FBI non riesce ad effettuare i controlli sui profili delle persone “inaffidabili” nei tre giorni indicati per legge prima di essere autorizzati all’acquisto o che, i negozi di armi siano più numerosi di Starbucks e McDonald. A questi si incrociano i volti di chi è stato ucciso, govani e giovanissimi colti di sorpresa a scuola, al cinema, in un parcheggio, oppure adulti semplicemente impegnati in pratiche quotidiane. Una follia nota a tutti eppure fortemente protetta da pochi.
Il film fa parte della rassegna Mondovisioni curata da CineAgenzia con il settimanale Internazionale, che propone al pubblico documentari su attualità, informazione e diritti. L’anteprima della 7a edizione a Internazionale a Ferrara, poi in tour in Italia. Mondovisioni 2016-2017 porta gli spettatori in Spagna, Pakistan, Corea del Sud, Kurdistan, Egitto, Israele e Stati Uniti. Mondovisioni sarà in tour attraverso tutta Italia fino all’estate 2017.