Ritorna l’inferno degli sconfitti del grandissimo Jim Thompson

Un sentito ringraziamento ad HarperCollins che ripropone integralmente l’opera del geniale costruttore-distruttore di meccanismi narrativi Jim Thompson. Jean-Patrick Manchette lo definisce in Le ombre inquiete (Chroniques) “un gran paranoico di genio” e uno scrittore che si è adattato alla forma del noir:”il male e la violenza per lui sono interiori più che storici o sociali; ed è anche il giallista di cui è più facile tracciare un sommario ritratto psicanalitico, tanto le sue opere sono irretite di fantasmi”. E ancora: “spesso i suoi romanzi sono ambientati all’interno di una comunità che il progredire della storia lascia provvisoriamente indenne e dove l’estremo orrore dell’esistenza dipende essenzialmente dalla condizione umana”. A ben vedere Thompson impone ai suoi personaggi la fuga, la sottrazione, il mascheramento dei sentimenti e degli istinti: la posta in palio è sempre la sopravvivenza. La tensione è giocata sul fatto di riuscire a salvare la pelle partendo con un handicap rispetto agli altri, siano l’intelligenza o la follia nascosta poco cambia. La vita è un inferno, dove tutto dà il segno della catastrofe. La diversità consente di cogliere questo segno e spinge a rinchiudersi in atteggiamenti di difesa. Ma gli altri, quelli che vivono l’inferno come normalità non comprendono questa posizione romantica. La difesa allora si trasforma in attacco, violenza, crudeltà. Questo è il destino dei protagonisti dei romanzi di Thompson. (In apertura un’immagine tratta da The Killer Inside Me di Michael Winterbottom).

 

Rischiose abitudini di Stephen Frears

 

Si pensi a L’assassino che è in me (HarperCollins, pag.302, euro 15), incentrato sul vicesceriffo Lou Ford, “un tipico poliziotto del West, forse con l’espressione più cordiale del consueto. Forse un po’ meno rozzo, però in complesso un tipico poliziotto del West” che agli occhi di tutti si presenta come un buono che rende buoni pure gli altri anche se quasi subito ci si accorge che questo personaggio anticipa i poliziotti psicopatici di Ellroy. Sbirri che prigionieri di se stessi, sbattono in galera gente che non è peggiore di loro, uomini di legge ossessionati dal peccato e dal senso di colpa (Ford è un serial-killer che si innamora di una prostituta e poi la uccide). Il romanzo ha avuto due versioni cinematografiche: la prima nel 1976 di Burt Kennedy con un notevole Stacy Keach, l’altra del greve Michael Winterbottom, autore di un film involontariamente grottesco che spreca il talento di Casey Affleck. Sul grande schermo le opere di Thompson sono arrivate 12 volte. A Hollywood era entrato dalla porta principale scrivendo i dialoghi di Rapina a mano armata (1956) e la sceneggiatura di Orizzonti di gloria (1957) per Kubrick che nel 1952 era impazzito per L’assassino che è in me definendolo “il più grande romanzo su una mente criminale che sia mai stato scritto”. Sembrava l’inizio di una grande carriera invece Thompson era scomparso per 15 anni, emarginato nel recinto dei paperbacks (si fa per dire visto che il sistema editoriale della narrativa di consumo gli consentì di vivere e la massima libertà espressiva, non per nulla fra il ’53 e il ’59 ha scritto 14 romanzi). Comunque per il grande giro sembrava perso. Poi all’orizzonte comparve Steve McQueen. Il produttore David Foster aveva ottenuto i diritti di Getaway (romanzo-eccezione scritto in terza persona) e convinto l’attore che aveva imposto come regista Peckinpah. Costato 3 milioni ne incassò 36 e riportò alla ribalta Thompson. I migliori film tratti da suoi libri sono sicuramente Rischiose abitudini (1990) di Frears e soprattutto Colpo di spugna (1981) di Tavernier. Purtroppo Thompson non ha potuto vederli se n’è andato nel 1977, nell’assoluta indifferenza degli americani, lasciando una struggente apparizione in Marlowe, poliziotto privato di Dick Richards.

 

Thompson in Marlowe, poliziotto privato di Dick Richards

 

L’universo di Thompson è abitato da violenza e lacerazioni, vite dannate, emarginate, perdute. Un autore che come ha scritto J.P. Deloux:”ci costringe a interrogarci sui demoni che sonnecchiano in noi”. Il Male è il protagonista assoluto delle sue pagine, un male interiore che sgretola, rovina esistenze già pronte per l’infelicità. Prendiamo Inferno sulla terra (Now and on Earth, il suo esordio datato 1942, ora in libreria per HarperCollins, pag.301, euro 15) vi si raccontano le vicissitudini di Jimmie Dillon (ma sarà parente del Frank Dillon di Diavoli di donne?), scrittore fallito, sull’orlo della povertà, con un lavoro in fabbrica che non sopporta. Fin da questa prima opera si comprende che il suo segno distintivo sarà l’alto tasso di morte e l’assenza di qualsiasi riferimento morale. In 29 romanzi i suoi protagonisti sono degli incapaci, degli psicotici e soprattuto dei perdenti. Non ci si scappa. La paura che le sue pagine evocano deriva da un disagio. Dalla sensazione sgradevole ed agghiacciante che ogni essere umano possa all’improvviso trasformarsi in belva. Incomprensibile, solo da prenderne atto. Fra l’attonito e il sarcastico in Tornerò per farti fuori Thompson nota:”è inspiegabile come della gente che aveva tanto da lavorare, e così poco denaro, potesse commettere tanti peccati”.