Per me Basile è un genio assoluto. I suoi racconti mi hanno colpito per la bellezza dei personaggi, la ricchezza visiva, l’originalità delle storie. Avere deciso di fare un fantasy dalla sua opera è una scelta masochistica, un modo per mettersi nei guai. Rispetto al mio percorso artistico si tratta però di una scelta naturale. Sono partito da un film in cui mi occupavo della realtà contemporanea per poi trasfigurarla in una dimensione fantastica, penso fosse legittimo provare a fare il contrario: prendere spunto da dei racconti magici e cercare di portarli a una dimensione più realistica e concreta. La ricchezza delle immagini mi faceva sentire più tranquillo. Come formazione vengo dalla pittura perciò avvertivo Basile e il genere fantasy vicino alle mie caratteristiche. La mescolanza fra reale e fantastico, tragico e comico era in sintonia con la mia poetica. Sono stato felice di esplorare un genere nuovo e spero di fare conoscere a un pubblico più ampio l’opera di Basile. Il racconto dei racconti è il primo libro di fiabe che è stato scritto nel Seicento e ha ispirato grandi scrittori di favole come i fratelli Grimm, Perrault, Anderson.
Il fantasy
In un fantasy gli effetti speciali sono fondamentali. Ma sono un regista che è abituato a controllare l’immagine sul set il fatto di non sapere con precisione quale sarebbe stata l’immagine finale (spesso abbiamo girato con dei green intorno) mi dava qualche preoccupazione. Non ero abituato ad affrontare un film così complesso tecnicamente. Molte soluzioni erano per me nuove. In fase di scrittura ero convinto che sarebbe stato divertente girare un film così ma mi sono dovuto ricredere…Uno dei rischi da evitare era imitare i fantasy fatti dagli americani o dagli inglesi. In realtà siamo stati attenti a rimanere all’interno di un genere spettacolare cercando di mantenere una nostra autenticità, personalità, visione di racconto. Ero conscio di dovere mantenere le radici italiane e per questo è stato fondamentale che gli americani e gli inglesi siano venuti da noi per collaborare al film e non viceversa. Avendo come punto di riferimento l’opera di Basile avevo la sensazione di avere tutto sotto controllo.
Realismo e dimensione fantastica
Per la scelta delle location Gennaro Aquino ha passato 8 mesi in giro per l’Italia alla ricerca di luoghi adatti. Per la verità avevamo l’imbarazzo della scelta. Una linea guida era che dovevano essere luoghi reali che sembrassero ricostruiti in studio. Basta pensare all’inizio, alle Gole dell’Alcantara. Lo stesso discorso vale per Dimitri Capuani, lo scenografo, che ha imboccato la via dell’iperrealismo. Il film si muove continuamente fra questi due piani: realismo e dimensione fantastica. In questo senso mi sembra che si senta un legame con le immagini delle origini del cinema. Dove si sente l’artificio, ma dove le immagini hanno una loro verità.
Il desiderio è una guida importante che muove i personaggi, così come il corpo e le sue trasformazioni sono una delle mie ossessioni anche nei film precedenti. Nelala scelta del cast parto sempre dalla fisicità. Salma Hayek mi sembrava perfetta nei panni di una regina del Seicento, Vincent Cassel mi sembrava avesse un doppio registro comico e drammatico (che mi ricorda Gassman) adatto alla fiaba La vecchia scorticata.
Una serie
Alla fine credo che la vera forzatura sia stata non fare una serie. C’erano tanti altri bei racconti cha abbiamo iniziato a sceneggiare, ed è stato doloroso dovere scegliere. Non è detto che in un futuro non si possa pensare a serializzare le favole. Alla fine del lavoro di selezione è emersa in modo naturale una costante: sono tre racconti al femminile, che attraversano tre età differenti.
Le fonti
Durante la preparazione del film ero circondato dalle riproduzioni dei Capricci di Goya, fondamentali per l’elemento grottesco, ironico e pure un po’ macabro. Sono stati una grande fonte di ispirazione, come il cinema di Mario Bava, Pinocchio di Comencini, L’armata Brancaleone di Monicelli, la prima stagione di Il trono di spade.
(Dichiarazioni raccolte da Massimo Rota)