Bene ha fatto La nave di Teseo a riportare Il nudo e il morto di Norman Mailer (pag.840, euro 24) sugli scaffali delle librerie. Il romanzo uscì negli Stati Uniti nel maggio del 1948 e fu uno shock per il pubblico, il New York Times lo accolse benissimo, David Dempsey notava:” …un’opera spietatamente onesta, per portata e integrità. Il nudo e il morto è un romanzo enormemente lungo, lavato dalle acque agitate della disillusione, che non lascia nulla all’immaginazione. È un bombardamento di saturazione con ogni bersaglio colpito almeno tre volte. È praticamente un rapporto Kinsey sul comportamento sessuale del GI…”Norman Mailer aveva 25 anni. Dopo la laurea ad Harvard, aveva fatto parte delle truppe di stanza in Giappone, da qui l’urgenza di scriverne“Ero solo come lo sono stato sempre ed ero un po ‘spaventato all’idea di andare in guerra”. Nel libro un plotone di quattordici soldati, vero e proprio microcosmo della società americana (c’è di tutto, dall’ufficiale che legge Rilke al minatore anarchico, dal cattolico irlandese di Boston al generale con simpatie fasciste) viene spedito in una missione di perlustrazione tra le montagne e nella giungla dell’isola di Anopopei. Una lunga marcia in un territorio sconosciuto che sfocia nell’incubo, nell’eroismo, nella scelleratezza. Quando comparve sulla scena Norman Mailer venne subito battezzato come lo scrittore della serie uomini veri, dei duri che non ballano. Tale filo-machismo a un secondo, meno superficiale esame, si rivela però corrotto da ampie zone patogenetiche, da disfunzioni umorali, da permanenti squilibri psicotici. La pattuglia, ad esempio, dei combattenti di Il nudo e il morto – esordio capolavoro insuperato di Norman Mailer – rappresenta un campione di varia umanità la cui dotazione di virtù virili si riduce a infiammazioni dell’anima, disturbi della personalità, istinti primordiali, tutti convogliati nello sforzo bellico. Questi eroi del loro tempo – Seconda guerra mondiale dal lato del Pacifico – impegnati in una missione improbabile e piena di insidie (che comunque che sfocia in una battaglia immaginaria, mai avvenuta storicamente) parlano tantissimo. Solo una piccola parte del chilometrico romanzo descrive l’azione, le mosse militari. L’unità combattente è formata da un insieme di individui. Ognuno è studiato in flashback scritti in modo nitido, dove tutti risultano come il prodotto di un determinato ambiente. I dialoghi fra i soldati o con se stessi, tracimano ben oltre la contingenza guerresca per farsi iperreale affresco e documento antropologico della faccia buia del sogno americano. Mailer ha cura (il nudo) di interpolare il racconto con lucide prognosi e esplorazioni esistenziali dei suoi personaggi, imprigionati nello scarto fra ideali ambizioni e pratici fallimenti. Mentre intanto (il morto) ne riporta le inutili cadute in battaglia e il beffardo scomparire di ogni illusione di gloria. Generali e ufficiali, sergenti e semplici soldati arroganti o vigliacchi, kamikaze e velleitari, ciascuno di essi è atteso allo smacco ferale o solo grottesco del destino. Chiosa d’altronde Norman Mailer:”Combattere una guerra per trovare qualcosa di buono è come andare al bordello per curarsi lo scolo”.
“La guerra mi ha strappato più di qualche ponderosità dalle dita, e la dissonanza letargica di questa prosa è presto sostituita dai più digeribili difetti stilistici di The Naked and the Dead … “
Nel 1958 Raoul Walsh portò sullo schermo The Naked and the Dead. Interpretato da Aldo Ray, Cliff Robertson, Raymond Massey, Lili St. Cyr, Barbara Nichols, il film è il penultimo diretto dal regista per la Warner. Walsh riesce a mediare molto bene fra il tentativo di non tradire il respiro esistenziale e psicologico del romanzo e il suo desiderio di lasciare il segno con una struttura spettacolare e un ritmo narrativo assai elevato. Film di guerra straordinariamente drammatico in controtendenza in un periodo nel quale nel genere bellico si stava imponendo il kolossal. Per la prima volta Raoul Walsh collaborò con il compositore Bernard Herrmann.