Restituire il passato alla contemporaneità: Nel paese di temporali e primule – Pier Paolo Pasolini e la sua terra, di Andrea D’Ambrosio

Approfondendo la vita di Pier Paolo Pasolini ci si accorge quanto sia enorme la sua opera e quanto a tratti inafferrabile. Complessa e perfino contraddittoria in quella instancabile elaborazione intellettuale che ha segnato la sua esistenza e in quella esigenza di esprimersi attraverso molteplici discipline. Un lavoro fatto di scoperte e negazioni, di lampi intuitivi che si leggono in un verso o in un rigo dei suoi scritti, di ragionate e scandalose riflessioni. È questo l’universo, ancora in parte da esplorare, per abbandonarsi con nuovi sentimenti al fascino delle sue opere. Da qui forse nasce anche il desiderio di conoscere la sua vita più lontana nel tempo, che per lui, uomo che ha sempre vissuto dentro il mondo che abitava, diventa anche luogo e modo per entrare nella sua poetica, per riscoprire il senso della sua esistenza materiale e del suo ideale testamento umano. Andrea D’Ambrosio con Nel paese di temporali e primule, film non nuovissimo, anzi datato, tanto che i suoi protagonisti oggi non ci sono più, sembra volere colmare qualche lacuna biografica del poeta friulano e per farlo torna a Casarsa della Delizia, là dove Pasolini nacque e là dove riposa sotto una semplice pietra con su scritto il suo nome. L’occasione ci è offerta in streaming (anche in Dvd e On Demand) da CGEntertainment e l’iniziativa non può che essere apprezzata poiché ha soprattutto il pregio di rendere collettivi i ricordi degli amici di gioventù di Pasolini, di sentire in quelle parole il sincero affetto e la sincera gratitudine per quanto egli seppe costruire in quegli anni giovanili che avrebbero delineato il suo futuro.

 

 

Scorrono i volti intervistati da D’Ambrosio e tratteggiano la figura di Pasolini, il suo amore per la madre e la sua distanza dal padre, militare, fascista e lontano dalla famiglia nonostante l’amore che nutriva per la moglie, non ricambiato. L’amore per il fratello maggiore Guido che sarebbe stato ucciso dai partigiani titini a Porzûs, sulle montagne friulane. Ma tutto questo non lo distoglieva, neppure in quegli anni così drammatici, dai suoi interessi. Già attento alla marginalità di chi non poteva accedere alla scuola negli anni della guerra, insieme ad altri volontari, aprì una scuola dove si dedicò all’insegnamento dell’italiano, della storia e della geografia, facendosi le ossa per quella docenza che avrebbe praticato al suo arrivo a Roma e per quella che con la sua scrittura e il suo cinema avrebbe praticato per tutta la vita. Sono le parole di questi amici, tutti riconoscenti nel ricordo di Pasolini – “ho fatto la terza media dopo averlo conosciuto” –, a delineare il profilo del poeta così legato ai suoi mondi eppure così distante in quella condizione di eterna contraddizione, che gli procurava la sofferenza che qualche anno più tardi avremmo trovato nei suoi versi «…vivo nel non volere/del tramontato dopoguerra: amando/il mondo che odio… è proprio questa contraddizione (Lo scandalo del contraddirmi, dell’essere/con te e contro te; con te nel cuore, / in luce, contro te nelle buie viscere; / del mio paterno stato traditore)» a rivelarsi e in quella forma consueta del ricordo gli avrebbe fatto amare il paese friulano nel quale era nato, ma quello stesso luogo che avrebbe lasciato insieme all’amata madre, pieno di allegria in quel giorno in cui il treno lo avrebbe portato a Roma, affascinante e sconosciuta, che sarebbe diventata la sua città, la sua nuova casa.

 

 

Ancora una volta il cinema diventa fonte di conoscenza del nostro passato, sarà quell’archivio che resterà in realtà mai visitato nella sua interezza, ma che costituisce il deposito inesauribile di quella memoria che troppo spesso, ai giorni nostri, diventa labile, fuggevole, volatile. A questo cinema viene assegnato il compito di tramandare non soltanto banalmente i ricordi, ma soprattutto di restituire alla contemporaneità le parole che sembravano perdute, i racconti dimenticati tutti impressi in quelle immagini. Anche Nel paese di temporali e primule assolve, con la semplicità, ma anche la ricchezza della sua ricerca, a questo compito e ricompone, con le testimonianze che oggi sarebbero state perdute, un altro tratto non secondario del profilo di Pier Paolo Pasolini. Dobbiamo dunque ringraziare quelle immagini, così estranee ad ogni alta definizione alla quale ci siamo abituati, che però ci fanno vivere le emozioni dei suoi stessi protagonisti e riempiono i vuoti della nostra memoria. Al termine scorrono le immagini del funerale del poeta, quello che si è svolto a Casarsa, ancora sequenze guidate dalla mano insicura di un cineamatore anonimo, verso il quale, però, va ancora tutta la nostra riconoscenza come per gli altri, tanti, che hanno fermato con le loro macchine da presa immagini della storia che oggi consideriamo indelebili.