Midnight in Paris 2024 – Una giornata consacrata alle sfide dei quarti del torneo di basket

Avvertenza: se non vi piace il basket, ignorate pure questo quattordicesimo capitolo di Midnight in Paris e passate direttamente a qualche altro articolo del sito, perché non si parla (quasi) d’altro. D’altronde avevo cerchiato da tempo la data del 6 agosto, giornata dedicata ai quarti di finale, uno dopo l’altro, il primo alle 11, l’ultimo alle 21.30: quattro quarti, il ritmo prediletto dai batteristi scarsi, categoria alla quale appartengo a pieno titolo (e pure occhiello e sommario). E mi li sono gustati proprio, nonostante la temperatura rigida dell’Arena di Bercy, che era stata sgombrata nella notte tra lunedì e martedì dalle pedane e dagli attrezzi della ginnastica, rimpiazzati con il parquet 28×14, impreziosito – sembrerebbe quasi istoriato, ma ovviamente così non è – dal simbolo del basket scelto per questi Giochi. Per essere certo di trovare una buona sistemazione, ho raggiunto l’impianto un’ora abbondante prima della palla a due, quando in effetti erano pochissimi i colleghi che avevano già preso posto e nessuno in prima fila in linea con un canestro, la mia posizione preferita, forse perché mi è sempre piaciuto tirare dall’angolo. Per l’occasione indossavo una canottiera dell’Italia, con tanto di scritta sul davanti e scudetto tricolore, che ho però sfoggiato soltanto in metropolitana e nei tragitti a piedi, perché, come accennato, la temperatura all’interno dell’impianto era più consona ai pinguini che agli umani e ho subito indossato il maglioncino d’ordinanza. Detto che nella penisola di Valdes, sulla costa atlantica dell‘Argentina, ho scoperto che questi simpatici uccelli (unica famiglia dell’ordine degli Sfenisciformi) vivono anche in zone con temperature intorno ai 30 gradi, la scontata immagine che ho appena utilizzato mi porta alla mente un episodio accaduto a un’amica insegnante di Rosignano Solvay, la quale, durante i convenevoli di un colloquio con un genitore in un giorno d’inverno particolarmente freddo, buttò lì uno scherzoso: pensi che stamattina abbiamo trovato un pinguino che passeggiava in corridoio. Al che il suo interlocutore la guardò con sorpresa mista a riprovazione ed esclamò: ma home, la notte un hiudete le finestre? (In apertura Germania-Grecia. Le immagini sono di Franco Bassini).

 

La palla a due di Germania-Grecia

 

Ma veniamo al basket, con una prima considerazione generale, che riguarda le buone prestazioni di atleti che hanno giocato o giocano tuttora nel nostro campionato. I canestri d’apertura di Germania-Grecia sono stati realizzati dagli ex Armani Mitoglou e Voigtmann; nella Serbia si sono fatti apprezzare l’ex varesino Avramovic e l’ex virtussino Dobric, entrambi in doppia cifra; il confermato felsineo Cordinier ha firmato 10 dei primi 13 punti della Francia. Non so se questo significhi che la serie A (mi rifiuto di chiamarla LBA) sia di buon livello o addirittura che gli stranieri da noi migliorino, ma di sicuro mi sono sentito un po’ meno orfano dei colori azzurri. (Ricordo nell’occasione che il Portorico che si è qualificato per i Giochi ai danni dell’Italia, inserito nel girone con Stati Uniti, Serbia e Sud Sudan ha fatto la figura del vaso di coccio, tornando a casa con tre sonore sconfitte). La seconda considerazione è che giocatori abituati nella NBA a segnare 30 punti una sera sì e un’altra pure, sfruttando anche gli otto minuti in più, nei tornei Fiba non solo collezionano bottini meno consistenti, ma non sempre fanno la differenza. Lo stesso Jokic, MVP (most valuable player, miglior giocatore, spiego per eventuali neofiti del basket che avessero comunque scelto di leggermi: grazie) per ben tre stagioni, compresa l’ultima, non ha segnato per l’intero quarto parziale e per i primi quattro minuti del supplementare della sfida con l’Australia, nella quale ha peraltro realizzato gli ultimi due canestri, tirando però in totale con un modesto 9/17. Lo stesso vale per un’altra stella di prima grandezza, il greco Antetokoumpo, 22 punti nella netta sconfitta contro la Germania, nella quale per contro è stato decisivo Franz Wagner, ventiduenne ala degli Orlando Magic, forse il giocatore che più mi ha impressionato in questi quarti.

 

Il braciere-mongolfiera nel cuore di Parigi

 

Per non parlare di Wembanyama, il ventenne francese prima scelta assoluta nel giugno 2023 e poi matricola dell’anno, che ha portato in giro i suoi 220 centimetri con poco costrutto, mentre il suo connazionale Lessort, centro del Panathinaikos, trascinava la squadra insieme a Yabusele (Real Madrid) e al già citato Cordinier. Ma si farà, come diceva al mio paese la mamma di un infante un po’ bruttino. Nel dettaglio, la Germania ha vinto il primo incontro dei quarti, piegando 76-63 una Grecia che pure era partita fortissimo, portandosi sul 16-4 per venire raggiunta al 18’ a quota 36. Nel secondo tempo i tedeschi campioni del mondo in carica allungavano sul 59-52 del 30’ per poi controllare agevolmente il match. Avvio al fulmicotone anche per l’Australia che, trascinata da Giddey e Mills, ha chiuso il primo parziale avanti 31-17, portandosi addirittura sul 44-20. A quel punto però i gialloverdi inspiegabilmente smettevano di giocare e la frastornata Serbia, molle in difesa e imprecisa in attacco, piano piano si ritrovava, così da andare all’intervallo su un -12 (42-54) che appariva rimediabile. Così accadeva infatti: 61-60 per i serbi al 26’20’’ di una partita che a quel punto aveva cambiato padrone. Gli slavi allungavano fino al 73-67 grazie a Micic (due Euroleghe vinte con l’Efes, la passata stagione nella NBA) ma l’Australia non mollava e Mills a meno di due secondi dalla sirena trovava il canestro dell’82-82 che valeva il supplementare, deciso nell’ultimo minuto da Bogdanovic e Jokic. E poiché era il giorno delle partenze a razzo, la Francia è volata sul 19-5 e all’intervallo conduceva 45-29. Partita chiusa? Solo apparentemente. Già il terzo parziale era favorevole al Canada (61-50 al 30’) che arrivava sul 61-55 e al 36’ sul 65-60. La rimonta si fermava però qui, perché l’esagitato Fournier piazzava due tiri dalla grande distanza e la Francia riallungava per chiudere senza troppi affanni 82-73.

 

 

Era anche il giorno iniziato con una medaglia in meno per l’Italia, dato che, appena passata la mezzanotte di lunedì, era stato accolto il controricorso del Kenya avverso la squalifica della Kypiegon, che aveva aperto temporaneamente la strada del podio dei 5.000 a Nadia Battocletti, quarta al traguardo. Con il passare delle ore senza medaglie azzurre, riemergeva così la data del 17 agosto 2016, ultimo giorno senza podi per l’Italia alle Olimpiadi di Rio. Poco dopo le 20, appena terminata Francia-Canada, ecco però arrivare la notizia del balzo a 8.34 di Furlani in apertura della gara del lungo, che lo collocava al terzo posto, posizione che non cambierà più. Il 17 agosto 2016 veniva dunque riposto nei cassetti grazie a un diciannovenne che a un talento sconfinato abbina la capacità di esprimersi al meglio negli appuntamenti che contano: la misura che l’ha portato al bronzo è inferiore di soli quattro centimetri al personale che è anche record del mondo under 20. E così ci siamo potuti godere col cuore più leggero Stati Uniti-Brasile che ha regalato anche un contatto (quasi) ravvicinato sul 42-34 poco dopo la metà del secondo quarto. Ma la partita non ha avuto storia, anche se gli statunitensi hanno fornito la sensazione di giocare in souplesse. A parte Embiid che, stimolato dai fischi, andava ben oltre il minimo sindacale e non a caso diventava il primo giocatore in doppia cifra (14 punti all’intervallo) trascinando gli USA al 63-36 della pausa. Con un simile vantaggio di solito entrano le seconde linee, ma gli Stati Uniti ne sono sprovvisti… In pillole: il canestro che fa superare i 100 punti porta la firma di Kevin Durant (un panchinaro…) quando restano da giocare ancora 8 minuti; miglior realizzatore il brasiliano Caboclo, che tira tutto quello che gli passa per le mani e finisce con 30 punti. La contesa (si fa per dire) termina 122-87.

 

Tifosi serbi in attesa della partita con l’Australia