Da ore l’Europa sta con occhi e pance alla vicenda della nave Aquarius, in ostaggio da giorni nel canale di Sicilia con il suo carico disperato. Centinaia di uomini, donne e bambini sopravvissuti all’inferno libico e strappati al cimitero del Mediterraneo grazie al soccorso coordinato di navi mercantili, guardia costiera e infine l’Aquarius. In un diktat cha sa di propaganda fuori da ogni logica storica e legale, lanciato con tempismo perfetto a ridosso di una giornata elettorale. Chi ha conosciuto la realtà del soccorso in mare sta con il fiato sospeso, consapevole della difficoltà estrema di gestire la fragilità di un numero così elevato di persone a bordo: al termine di una giornata di recuperi si contano innanzitutto i morti e i feriti, come al tramonto di una battaglia, e poi si inizia freneticamente ad occuparsi di tutti gli altri. Non hanno abiti, né cibo, né identità. Da mesi passano notti insonni per la minaccia costante che i carcerieri tornino per l’ennesima sessione di torture in diretta telefonica con i familiari per estorcere altro denaro. Da mesi si dividono acqua sporca, pane raffermo in luoghi sovraffollati senza minime condizioni igieniche.Dire “a bordo stanno bene” è un insulto all’umana decenza. Come possono stare bene 600 individui con corpi martoriati dalle prigioni libiche nonché dalle ultime ore di immobilità assoluta nel gommone, terrorizzati dal morire in mare o peggio (questo quanto riferito dalla maggior parte dei sopravvissuti) dall’essere riportati in Libia? La navigazione verso un porto sicuro è un processo attivo che impegna tutte le risorse fisiche e mentali di equipaggio e volontari. Necessitano ore di lavoro per più persone per la preparazione e la distribuzione di un pasto caldo (polveri liofilizzate da ricostituire con acqua bollente), e le scorte disponibili a bordo non possono comunque coprire molti giorni in mare, sia in termini quantitativi che di adeguatezza.
I bisogni sanitari crescono esponenzialmente con il passare delle ore, e i sanitari a bordo lavorano senza sosta per far fronte ai casi urgenti nonché per la ricerca attiva di chi versa in condizioni critiche e non ha la forza di chiedere aiuto, stipati nella moltitudine. Ci si deve occupare dei servizi igienici, sempre in numero limitato rispetto al fabbisogno numerico, per garantire dignità e condizioni di sicurezza sanitaria minima.E dopo aver risposto ai bisogni primari di umana sopravvivenza, resta il fantasma di un trauma collettivo profondo di cui occuparsi. La gestione dei flussi migratori necessita di una profonda revisione da anni, ma non può essere imposta prendendo in ostaggio una nave e con essa il suo carico umano. Nelle stesse ore si sono compiuti altri salvataggi, con il coinvolgimento diretto di navi militari e mercantili: dal fronte libico si sta lanciando la nuova offensiva al neo-governo italiano, per riaprire evidentemente nuove negoziazioni vista la proficuità delle precedenti. Quale che sia il destino imminente dell’Aquarius o delle altri navi che attualmente hanno completato i soccorsi o che ne condurranno nei mesi a venire, resterà uno strappo indelebile oggi nelle pagine della nostra storia. Nessuno potrà dirsi vincente in questa vicenda, non i politici che continueranno a raccogliere consensi vendendo vane illusioni, non i cittadini che hanno ormai perso ogni senso di solidarietà e che brinderanno tante volte per quanti migranti non ce la faranno,non gli stessi sopravvissuti a viaggi infernali, che non troveranno approdo sicuro sulle coste Europee neppure se riusciranno a calcarne la terra.
Questo pezzo è stato scritto da G.S. una nostra amica e un medico Search and Rescue Mediterraneo per 8 mesi (la vedete in questa foto). Abbiamo deciso insieme di mantenere anonima la sua testimonianza. Vogliamo proteggere il suo lavoro. Le fotografie che trovate a corredo di questo articolo sono di Louis Leeson e sono state fatte sulle navi sulle quali G.S. ha prestato la sua preziosa opera.