«Treno grande e nero che arrivi lungo il binario/Suona il tuo fischio a lungo/Un minuto ci sei, il minuto dopo non ci sei più…».Comincia così il nuovo album di Bruce Springsteen, Letter to You, il primo realizzato in studio con la E Street Band dopo tanto tempo (High Hopes, 2014). Un senso di fine e caducità pervade il disco fin dai primi versi della prima canzone. One Minute You’re Here è un pezzo autunnale ed emblematico, fa già intuire che Letter to You è anche un’antologia di assenze, di perdita di amici e compagni di musica che non ci sono più. È un pezzo potente, evocativo, a tratti quasi sussurrato. Per versi e parole pare una sorta di fotografia dell’intera opera, un’immagine malinconica, nitida e al contempo consumata, bruciata dal sole e dalla vita, mentre «il vento d’estate canta la sua ultima canzone». Per dimensione quasi “solista” e per scenario immaginato («Big black train»; «Autumn carnival»…), One Minute fa da trait d’union con il lavoro precedente di Springsteen, Western Stars (2019), poderoso affresco western su tanti perdenti e poveri cristi d’America. «Baby baby baby/Sono così solo/Baby Baby Baby sto tornando a casa…». La canzone magnifica e struggente (forse la migliore dell’opera) apre alle altre 11 tracce-capitoli successivi della lunga lettera autobiografica scritta (musicalmente) insieme alla E Street Band.
Da questa prima traccia, l’intero Letter to You è un continuo e serrato racconto a perdifiato di tormentati ritorni a casa (Ghosts), di treni fiammeggianti (Burnin’ Train), senso di morte e rinascita (Last Man Standing, Ghosts), guizzi rock ‘n’ roll (Janey Needs a Shooter), parentesi politiche (Rainmaker, su un populista che somiglia tanto a “Trumpo”) e inesauribile, inguaribile speranza (Letter to You, The Power of Prayer, I’ll See You in My Dreams).
Tre pezzi sono stati presi dai primi anni Settanta e risuonati e cantati in chiave rock insieme alla E Street Band: Janey Needs a Shooter e le “dylaniane” If I Was the Priest e Song for Orphans. Non tutto è amalgamato alla perfezione in questo racconto personale e indubbiamente sentito (The Power of Prayer e House of a Thousand Guitars sono un po’ didascaliche per enfasi musicale e testi). Alcuni capitoli sono storie di fantasmi e spiriti luminosi che aiutano restare vivi. In Ghosts, dedicata a George Theiss, fondatore della prima band di Springsteen (i Castiles), Bruce canta: «Ho bisogno di te al mio fianco/Del tuo affetto e sono vivo…».
Last Man Standing è dedicata nuovamente a Theiss e alla band Castiles, di cui Springsteen è l’unico sopravvissuto (il “last man standing” del titolo). «Conti i nomi di chi manca, mentre conti il tempo…». Letter to You sembra una lettera scritta con affetto sincero da Springsteen ai suoi fan, a un vecchio amico che non c’è più e a uno che vive ancora, alla E Street Band e a se stesso. È stato suonato live in studio, insieme alla band, in cinque giorni, senza sovraincisioni e orpelli aggiunti successivamente.
È fatto per essere suonato live negli stadi, ma purtroppo per ora potremo ascoltarlo soltanto nelle nostre casse/case. È allora anche un tentativo di colmare un vuoto – via “lettera”/album – ovvero la gioia della condivisione rock, al momento impossibile. Un giorno, speriamo presto, potremo sentirlo dal vivo, nel frattempo non ci resta che alzare il volume. Nel film che accompagna l’uscita del disco (il doc di Thom Zimny visibile su Apple Tv), Springsteen osserva: «Sono nel mezzo di una conversazione lunga 45 anni con gli uomini e le donne che mi circondano e con qualcuno di voi…». Quella conversazione sembra non esaurirsi nemmeno nel mezzo di una pandemia mondiale.
See you – someday – in the streets…
Il documentario Bruce Springsteen’s Letter to You di Thom Zimny accompagna l’uscita dell’album ed è visibile su Apple Tv. Documenta la registrazione live del disco nello studio di Colts Neck, New Jersey.
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