Cannes77 – Diario teorico di uno spettatore in Spectateurs! di Arnaud Desplechin

Il posto dove sedersi in sala non è una scelta casuale, e non è ininfluente su quella che sarà l’esperienza del film. La sa bene Arnaud Desplechin che dedica una scena importante del suo nuovo film Spectateurs!, proprio a chiedere agli spettatori dove amano sedersi al cinema. Il punto di partenza di questo straordinario e intimo viaggio nel cinema da parte di uno dei registi più enigmatici e profondi del nostro tempo, sono una lunga serie di domande che il suo protagonista si pone rispetto alla settima arte. Per farlo Desplechin ricorre al personaggio di Paul Dédalous – creato nel ’96 per Comment je me suis disputé… (ma vie sexuelle) e poi ripreso nove anni dopo ne I miei giorni più belli – alter ego del regista che qui è più che mai esplicito, perché innamorato del cinema e aspirante regista lui stesso. Lo vediamo bambino con la macchina fotografica in mano e negli occhi il desiderio di essere sorpreso, lo ritroviamo poco dopo con la sorella minore alla sua prima esperienza in una sala cinematografica con la nonna quasi emozionata per questo evento tanto importante. Si inizia da Fantomas 70 e il piccolo Paul è già rapito dal fascio di luce che illumina e prende vita sullo schermo. Ha trovato la sua casa, come dirà anni dopo, quando, a quattordici anni, andrà a vedere Sussurri e grida di Bergman (incurante della cassiera che gli dice “Ti annoierai”) o quando, in fila per l’ennesima visione di un film, incontra due compagne di scuola, ma lui preferisce sedersi da solo nella settima fila, perché quello è il suo posto. Il primo bacio, il primo cuore infranto, il cineclub scolastico che anima da solo e presenta Margheritine, che ha scoperto leggendo la storia del cinema di Sadoul anche se ancora non l’ha visto.

 

 

Un’autobiografia splendidamente parziale e a cuore aperto (chissà quante altre ancora potrebbe proporcene Desplechin) di un regista che prima di tutto è ed è stato spettatore, che si specchia nei tanti giovani e vecchi cinefili, negli studenti appassionati e traboccanti domande. “Perché quando vado al cinema ho la sensazione di ricordare la mia vita” chiede una ragazza a Sandra Laugier che incontra in un caffè di Parigi intenta a leggere Il mondo visto di Stanley Cavell. “Se vai al cinemarisponde la filosofaè la tua vita. E i film che guardi diventano parte di essa”. Ecco l’attimo della perfezione, il preciso istante in cui lo spettatore acquista lo status di testimone. Il senso di un gesto che è, appunto, stupore. Essere, osservare, partecipare. Annettere ogni film alla propria vita come esperienza. Come quando Desplechin stesso si mette in scena superando la maschera dell’alter-ego. Succede quando si tratta di ripercorrere la sua visione di Shoah di Claude Lanzmann, un film che lo ha segnato nel profondo e che definisce “non un film sull’Olocausto, ma un film che è l’Olocausto!”

 

 

Spectateurs!, è un album fotografico da cui escono le immagini, le emozioni viscerali e ancora flagranti. I film si accumulano. Napoleon, Cotton Club, Mission: Impossible, Io ti salverò, Ran,  Accadde una notte e Notting Hill. I 400 colpi che il trentenne Paul Dédalous omaggia, rileggendone i titoli di testa. Poco prima non a caso aveva incrociato lo sguardo di Mathieu Amalric. Ecco la vita che diventa cinema e il cinema che si intrufola nella vita. Lo specchio in cui il nostro Dedalous si riflette, traslato, in Dédalous stesso. “ho incontrato quel ragazzo in un bar e credo che voglia fare il regista” dice Amalric alla sua compagna poco dopo. Siamo di nuovo in un cinema e torna alla memoria Gli amori folli di Alain Resnais. “Uscendo da un cinema niente ci stupisce. Qualunque cosa succeda non ci sorprende. Tutto può succedere, nel modo più naturale” si dice. “Cosa succede, allora, alla realtà quando viene proiettata sullo schermo. Finalmente la realtà acquista significato. Finalmente la realtà trabocca di significato”.