Little Fires Everywhere: su Prime Video la miniserie tratta dal romanzo di Celeste Ng

 

Ero al sicuro o stavo soffocando
Perché l’uccello è in una gabbia
E la gabbia è in una città
E la città è fatta di candida farina bianca
e splendide bugie
E forse non possiamo evitare i sogni di cui siamo fatti
più di quanto possiamo evitare il materiale di cui siamo fatti
O magari possiamo
se infine riusciremo a vedere le bugie e la città
e la gabbia che ci contiene
Riusciremo a vedere anche molte altre cose
Vedremo la porta
L’uscita
E saremo liberi di volare via

 

 

Parla di persone in gabbia Little Fires Everywhere, la serie basata sull’omonimo romanzo di Celeste Ng (Tanti piccoli fuochi pubblicato in Italia nel 2018 da Bollati Boringhieri, nella traduzione di Manuela Faimali).
È in gabbia Elena (Reese Witherspoon), la cui vita è scandita da regole e tabelle da rispettare che lei stessa si è imposta: ogni mattina sale sulla bilancia e annota il peso su un quaderno, si concede al marito (Joshua Jackson) solo di mercoledì e sabato perché «il sesso pianificato è più divertente», nella sua casa i libri sono ordinati per colore e il frigorifero è tappezzato di post it che indicano gli impegni della settimana…
All’apparenza perfetta – mai un capello fuori posto, sempre elegante in vestiti che la ingessano – Elena ha una famiglia (quasi) perfetta: un marito amorevole, di professione avvocato, che la asseconda in tutto e per tutto, e quattro figli: la primogenita Lexie (Jade Pettyjohn), suo clone, Trip (Jordan Elsass), bello e stupido, il sensibile Moody (Gavin Lewis) e l’irrequieta Izzy (Megan Scott), la pecora nera della famiglia perché mette in discussione le rigide regole della madre. La città “di farina bianca” in cui i Richardson vivono è Shaker Heights, quartiere suburbano di Cleveland, Ohio, la prima comunità pianificata in America per evitare insicurezza e disastri, dove l’erba non deve superare i 15 centimetri (pena una multa al proprietario del giardino) e dove sorveglianti vestiti da poliziotti si aggirano per controllare che tutto sia in ordine. Una gabbia dorata popolata di facoltosi democratici. Elena lavora come reporter nel giornale locale avendo rinunciato in gioventù ai suoi sogni di gloria, ovvero entrare nella redazione del New York Times, per seguire la strada che la madre ha tracciato per lei.

 

 

L’elemento perturbante è rappresentato dall’arrivo di Mia (Kerry Washington), una donna che è l’esatto opposto di Elena. Mia viaggia su una vecchia Chevrolet azzurra con la bellissima figlia adolescente Pearl (Lexi Underwood): è un’artista che accetta lavori occasionali per sbarcare il lunario e potersi dedicare alla sua unica vera passione, la fotografia, una madre single senza radici che non vuole mettere (non si ferma mai più di qualche tempo in un posto). In un impeto di generosità Elena, fin da subito attratta dal suo opposto, le affitta a poco prezzo una casa di sua proprietà e le propone di fare la colf nella sua magione. L’attrazione e repulsione tra opposti, tra quel che non si è e forse si vorrebbe essere e quel che non si ha e si vorrebbe avere, riguarda anche le figlie adolescenti delle due donne: Pearl stringe amicizia con Moody, poi con Lexie, è attratta da Trip e, colpita dall’opulenza e dalla stabilità dei Richardson – e in particolare di Elena – mette in crisi il rapporto con la madre. Specularmente Izzy, artista in erba, trova in Mia la madre che avrebbe sempre voluto avere, sentendosi per la prima volta compresa e amata.

Disponibile su Prime Video dallo scorso 22 maggio, la miniserie in otto episodi creata da Liz Tigelaar e diretta da Lynn Shelton (scomparsa lo scorso 15 maggio), è prodotta dalle due protagoniste e dalla stessa Celeste Ng. Nel primo episodio un incendio devasta una meravigliosa villa, lasciando solo cenere. È la casa dei Richardson… Siamo nell’agosto 1997. Da lì, si torna a quattro mesi prima quando tutto è cominciato con l’arrivo di Mia e Pearl nella comunità di Shaker. Gli episodi successivi alternano il presente a flashback non cronologici che ci permettono di conoscere il passato e le scelte che condizionano la vita dei personaggi nel presente.

 

 

Oltre al diverso modo di essere madri, incarnato dalle due protagoniste e a come le loro scelte ricadano sui figli, l’altro tema forte della serie è la differenza tra classi sociali, accentuato dal fatto che nella miniserie – a differenza che nel libro – Elena è bianca e Mia è nera. I riferimenti sono costanti (dal lavoro che Elena offre a Mia, al furto di storia perpetrato da Lexie ai danni di Pearl che le fa ottenere l’ammissione a Harvard, dal trattamento riservato al ragazzo di colore di Lexie, alla lotta senza esclusione di colpi nel processo per l’adozione di May Ling), suggeriti piuttosto che sbandierati. L’apparenza, e inevitabilmente l’ipocrisia che ne deriva e su cui si costruiscono le esistenze («Mia madre crede a ciò che vuole credere», dice Izzy) sembrano essere gli unici valori in un mondo costruito su segreti e bugie. Il percorso di conoscenza che ogni personaggio intraprende porterà a chiamare le cose con il proprio nome (e Isabelle diventerà per la prima volta Izzy per la madre Elena) e il fuoco devastatore potrà rappresentar la possibilità di una nuova partenza su un terreno più fertile. In occasione della traduzione italiana del libro, Celeste Ng aveva dichiarato a IlLibraio.it: «La classe è un problema reale nella società americana, anche se non sappiamo come parlarne. Si discute spesso di “working class”, ma per molti si tratta ancora solo di bianchi. In realtà ne fanno parte anche moltissimi non bianchi, che sono spesso tagliati fuori, come se classe e razza fossero due realtà che non si compenetrano, anziché due questioni che si sovrappongono. In realtà è impossibile parlare di una questione senza tenere conto dell’altra. La classe ha a che fare con molte delle problematiche che la società americana sta affrontando». Mai come oggi le sue parole risuonano con forza.