«500 anni fa ci fu una grande epidemia, non come le altre. Morì un sacco di gente. Solo in pochi sopravvissero e quelli che sopravvissero scoprirono che il virus li aveva cambiati, erano diversi. Non potevano più mangiare normalmente, erano obbligati a bere sangue, non digerivano altro, né riuscivano a stare al sole perché venivano bruciati. Per questo si sono dovuti nascondere… per sopravvivere». Ha echi inevitabilmente attuali la serie Vampiri, la cui prima stagione è approdata su Netflix – che la produce – il 20 marzo. All’origine c’è l’omonimo romanzo del grande autore di polar Thierry Jonquet, incompiuto e pubblicato poco dopo la sua morte nel 2009, con al centro la famiglia Radescu che vive a Belleville, il quartiere popolare e cosmopolita di Parigi, e che desidera lasciare la comunità dei vampiri a cui appartiene per reintegrarsi in quella degli uomini e chiudere una volta per tutte con la questione dell’eternità.
Creata da Benjamin Dupas (showrunner di serie di grande successo in Francia, tra cui Chiami il mio agente) e Isaure Pisani-Ferry, la serie – diretta da Vladimir de Fontenay et Marie Monge – ha come protagonista la diciassettenne Doïna (interpretata da Oulaya Amamra già vista in Divines) che, come il fratello Andrea (Mounir Amamra), è figlia della vampira Martha (Suzanne Clément) e dell’umano Redouane, un genetista che vuole scoprire il segreto dell’eterna giovinezza e che risulta scomparso da 17 anni. Gli altri due membri della famiglia Radescu sono i figli maggiori Irina (Juliette Cardinski), sessualmente disinibita e affamata, e il folle Rad (Pierre Lottin), violento ma corretto. Martha ha abbandonato la sua comunità al momento della scomparsa di Redouane scegliendo di vivere da reietta perché «per tutti i vampiri obbedire alla comunità è una legge assoluta». Per tutelare i due figli “di sangue misto” prepara loro delle pillole affinché non sviluppino il gene del vampiro, ma entrambi si ribellano a questa costrizione tanto più che mentre Andrea è a tutti gli effetti umano, Doïna in piena scoperta di se stessa, del suo corpo e dei suoi desideri, si rivela essere “l’alfa e l’omega”, colei che mette insieme entrambe le caratteristiche dei genitori, un essere ibrido di grande fascino in entrambi i mondi. Non per nulla la terribile Csilla Nemeth (Kate Moran), a capo della comunità dei vampiri, vuole mettere le mani su questo gioiello e cerca in tutti i modi di portare la ragazza dalla sua parte, anche sfruttando il fascino del bellissimo e ambiguo figlio Ladislas (Aliocha Schneider), un tossico che riserverà più di una sorpresa.
Tra amori adolescenziali (l’affascinante Nacer – interpretato da Dylan Robert visto in Shéhérazade – con un passato da “mostro”, a causa di un brutto incidente che lo ha reso claudicante), conflitti con i coetanei e con l’ingombrante famiglia, problemi scolastici, Doïna cerca la sua strada… Molte le note positive della serie: ottima scelta del cast, in particolare i giovani, adeguatamente efferata (è vietata ai minori di 14 anni) e particolarmente azzeccata la restituzione in chiave pop-psichedelica del mondo dei vampiri, destinati a ripetere rituali medievali a cui non credono più nemmeno loro, in contrasto con il mondo cupo e desolante dei reietti. Forse sei episodi, con un finale che apre a nuovi scenari, sono pochi per approfondire tutto il materiale messo in campo. Al termine della nostra epidemia si capirà se una seconda stagione è prevista. Intanto godiamoci questi vampiri che «esistono, sono qui in mezzo a noi».