Man from Tokyo – Il senso del dominio di Massimo Stano

L’Italia si rimette in marcia e lo fa sulle orme di Brugnetti e Pamich, ma anche di Gustav Thoeni, Paul Hildgartner e Walter Plaikner. Massimo Stano, ventinovenne barese di Grumo Appula (ho già avuto modo di scrivere che le medaglie servono anche a far conoscere le località del Belpaese) ha infatti vinto ieri l’oro sui 20 chilometri, al termine di una gara che l’ha visto dettare i ritmi negli ultimi ottomila metri, sgretolando progressivamente la resistenza del plotoncino di testa. Gli ultimi ad arrendersi sono stati due marciatori di casa: il campione del mondo in carica Yamanishi, giunto terzo e il suo scudiero Ikeda. Appassionato di cultura nipponica, sposato con l’ex siepista di origini marocchine Fatima Lofti e da poco più di cinque mesi padre di Sophie, Stano non figurava tra i favoriti. Il suo successo rinverdisce i fasti di una specialità nella quale l’Italia ha una solida tradizione. Il precedente oro sulla distanza era stato conquistato da Ivano Brugnetti ad Atene 2004; l’ultimo in assoluto da Alex Schwazer sui 50 km a Pechino. Proprio a Tokyo, nei Giochi del 1964, si era imposto, sempre nella gara più lunga, il leggendario istriano Abdon Pamich, in precedenza quarto a Melbourne e terzo a Roma e successivamente al via a Città del Messico e Monaco. I marciatori hanno gareggiato a Sapporo, come faranno anche i maratoneti, vale a dire a un migliaio di chilometri a nord est della capitale, alla ricerca di temperature e tassi di umidità meno penalizzanti.

 

La 4×100 italiana

 

Proprio la città posta nell’isola di Hokkaido (dove viene prodotto un formaggio vagamente assimilabile all’emmenthal, piatto forte delle mie cene in camera) nel 1972 ospitò le Olimpiadi invernali, nelle quali l’Italia conquistò l’oro dello slalom gigante grazie a Gustav Thoeni e dello slittino di coppia con Hildgartner e Plaikner. Dunque tre altoatesini vittoriosi in Giappone, quasi a sancire quell’accostamento che mi frulla in testa da giorni, poiché la pulizia che ho trovato in Giappone fa concorrenza a quella che contraddistingue le località del Sud Tirolo, come preferiscono chiamarlo loro. Stano… ma vero, l’atletica azzurra ha già conquistato tre medaglie d’oro, eguagliando l’exploit di Los Angeles, quando però erano assenti i Paesi dell’Est europeo ad eccezione della Romania. Ricordati i successi nell’84 di Gabriella Dorio nei 1.500, Alberto Cova nei 10.000 e Alessandro Andrei nel getto del peso, mi sento di dire che l’attuale spedizione potrebbe aggiungere una quarta medaglia, non necessariamente del metallo più prezioso, nella staffetta 4×100 (nell’ordine Patta, Jacobs, Desalu e Tortu) che torna in pista stasera dopo l’ottima impressione destata ieri mattina, quando si è qualificata per la finale con il quarto miglior tempo (37”95) scendendo per la prima volta sotto i 38” e stabilendo pertanto il nuovo record italiano. Questo nonostante i tre cambi in sicurezza, come era peraltro consigliabile per evitare disavventure che in questa spettacolare, complessa specialità sono sempre dietro l’angolo e che nell’occasione sono costate l’eliminazione a Sudafrica e Olanda. Clamorosamente fuori dalla finale anche gli Stati Uniti, sesti nella batteria dell’Italia, vinta dalla Cina con lo stesso 37”92 del Canada, mentre la staffetta più veloce è stata quella della Giamaica (37”82) nella prima batteria. Ci sono tutte le premesse per un’altra serata magica, stasera alle 22.50 locali, le 15.50 in Italia, considerando anche che la temperatura non sarà quella intorno ai 35 gradi registrata ieri. Per una volta il riscaldamento globale però non c’entra, dato che le attuali massime sono nella media del periodo. Il problema è che nel ’64, quando i Giochi si disputarono a ottobre, comandava il buon senso, mentre adesso comandano le televisioni.

 

 

Primato italiano anche per il quartetto femminile (Siragusa, Hooper, Bongiorno, Fontana) al quale il 42”84 non è però bastato – per tre centesimi soltanto – per andare avanti nella competizione. Eliminate anche le saltatrici in alto Trost e Vallortigara, mentre il pesista Zane Weir si è migliorato fino al 21.45 che gli è valso il quinto posto nella gara vinta dallo statunitense Crouser che ha lanciato a 23.30, nuovo record olimpico. Eccellente anche il 17.98 con il quale il portoghese Pichardo ha dominato la finale del salto triplo che ha visto Dallavalle e Ihemeje rispettivamente nono e undicesimo con misure inferiori a 17 metri. Sorpresa nei 110 ostacoli, dove il giamaicano Parchment (13”04) ha battuto lo statunitense Holloway (13”09), mentre l’americana Nageotte ha vinto il salto con l’asta con 4.90. In serata sono arrivati gli ori di Gardiner (Bahamas) nei 400 in 43”85, della belga Thiam nell’eptathlon e del canadese Warner nel decathlon. La giornata di ieri è stata una delle più positive per l’Italia, che all’oro di Massimo Stano (il quale, detto volutamente tra parentesi, si è convertito all’Islam per amore, circostanza che purtroppo sta muovendo gli ormoni a molti miei colleghi) aggiunge l’argento del pavese Manfredi Rizza nel K1 sprint e i bronzi di Paltrineri nella dieci chilometri di nuoto (mai nessun italiano aveva abbinato una medaglia in vasca a una in acque libere), di Elia Viviani nell’Omnium di ciclismo e della pluricampionessa del mondo di kata, la genovese Viviana Bottaro. Cinque medaglie che portano il totale a 35, vale a dire soltanto una in meno del primato stabilito a Roma, quando però gli ori furono 13, contro gli attuali 7.

 

Le 4×100 donne alle interviste post-gara

 

La 4×100 brasiliana