Il Pardo d’oro a Critical Zone e tutti i premi di Locarno76

Radu Jude

Ci sono dei festival che si fanno sostanzialmente da soli e altri che invece sono frutto di lavoro, ricerche, passione, relazioni e ovviamente anche compromessi… Locarno, per fortuna, appartiene a questa seconda categoria: si rimbocca le maniche e di anno in anno lavora sodo in uno scenario internazionale non facile (il gergo industry parlerebbe di competitors e stakeholders…) per mantenere la barra di una identità che ne fa lo spazio privilegiato di un cinema che sta nel presente con lucidità espressiva, geolocalizzazione variabile, attenzione per l’avvenire. Si torna sempre con l’impressione di aver speso bene il proprio tempo a Locarno: aria nuova, cinema in divenire, nessun obbligo di visione che non corrisponda ai propri interessi e ai propri gusti. Il programma che Giona A. Nazzaro e i suoi collaboratori hanno allestito anche per questa 76ma edizione è espressione di un cinema al lavoro, che cerca una via per definire nuovi orizzonti, diverse modalità, coordinate variabili e scenari (anche narrativi, oltre che espressivi) il più possibile inediti. L’attenzione per gli esordienti, o comunque i primi passi, va al di là del mandato istituzionale garantito dai concorsi Cineasti del Presente e Pardi di domani. È la prova di un dialogo costante con il laboratorio cinematografico internazionale che è di per sé un valore aggiunto per il Festival. Che poi trova nel bagno di folla della Piazza Grande (quest’anno forse leggermente meno ardita del solito) il suo contraltare e il dialogo con le attese più generiche.

 

I vincitori di Locarno 76

 

Insomma Locarno è uno spazio di ricerca e tiene fede al suo mandato. È stato così anche quest’anno: Locarno 76 si conclude con un Pardo d’Oro bello e spiazzato (Radu Jude era il favorito) a Critical Zone, trip lisergico e politico dell’iraniano Ali Ahmzazadeh che non ha potuto ritirare il premio perché trattenuto in patria dalle autorità. Più centrato sarebbe stato l’oro a Radu Jude per il magnifico Do Not Expect Too Much from the End of the World, che invece ha ricevuto il Premio Speciale della Giuria, ma è evidente che le ragioni politiche giocano sempre il loro ruolo nei festival a scenario internazionale e non ci si può fare molto. Il Pardo per la regia alla ucraina Maryna Vroda per la sua potente opera seconda Stepne conferma invece le attese per una autrice che già era stata segnalata a Cannes 2011 col premio per il cortometraggio Cross. I premi per le interpretazioni sono andati a Dimitra Vlagopoulou, che regge sulle sue spalle il peso di Animal della greca Sophia Exarchou, e a Renée Soutendijk per Sweet Dreams di Ena Sendijarević. Una Menzione Speciale rende conto del grande lavoro condotto per anni a Melilla da Sylvain George per Nuit Obscure – Au revoir ici, n’importe où.

 

 

Sul versante del concorso Cineasti del presente, invece, il Pardo d’Oro è andato a Dreaming & Dying (Hao Jiu Bu Jian) dell’esordiente di Singapore Nelson Yeo, intreccio di memorie e sentimenti inespressi di tre amici che si ritrovano dopo anni, mentre per la regia è stata premiata la tedesca Katharina Huber per A Good Place (Ein schöner Ort), opera prima sospesa su un futuro terrestre incerto, che ha visto anche premiare per l’interpretazione una delle due protagoniste, Clara Schwinning. Il Premio Speciale è stato assegnato a Camping du Lac della francese Éléonore Saintagnan, diario di una vacanza forzata in riva a un lago che diventa la scoperta di una varia umanità sospesa tra poesia e ironia. Il secondo Pardo per l’interpretazione è infine andato a Isold Halldórudóttir e Stavros Zafeiris per il tedesco Touched di Claudia Rorarius. Menzioni speciali al notevole film basco Negu Hurbilak del Colectivo Negu e a Excursion di Una Gunjak.

 

 

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