Una nuova (ri)scoperta: Ruth Orkin e l’estetica dell’esperienza ai Musei Reali Torino

Being a photographer is making people look at what i want them to look at.

Ruth Orkin

 

Two american tourists, Rome, Italy, 1951 © Ruth Orkin Photo Archive

La figura affascinante di Ruth Orkin (1921 – 1985), celebre fotoreporter, fotografa e regista statunitense, è la protagonista della mostra recentemente inaugurata ai Musei Reali Torino dal titolo Una nuova scoperta (17 marzo – 16 luglio 2023). L’esposizione percorre la longeva carriera dell’artista attraverso 156 scatti emblematici che raffigurano per lo più semplici momenti quotidiani di persone comuni, incontrate nel corso dei molteplici viaggi compiuti da Orkin in patria e all’estero, ma anche delle più note celebrità del tempo, quali Lauren Bacall, Marlon Brando, Orson Welles, Woody Allen… Tra le altre, è presente anche l’iconica e celebre American Girl in Italy (1951, foto in apertura), che ritrae una giovane ragazza intenta a camminare per le strade di Firenze sotto lo sguardo ammiccante di un gruppo di uomini italiani. 

 

Penn Station, boys on suitcase, NYC, 1948 © Ruth Orkin Photo Archive

Ciò che è interessante nelle fotografie di Orkin, oltre al sapiente ed essenziale utilizzo del bianco e nero, è l’innata attenzione verso l’ordinario e la vita quotidiana che, grazie all’obiettivo fotografico, risaltano e spiccano riscoprendosi, in realtà, stra-ordinari nella loro consuetudine d’essere. La stessa quotidianità non “risparmia” nemmeno le grandi star di Hollywood che sono catturate in situazioni, sociali o intime, di giocosa spensieratezza, al di là delle luci abbaglianti dei riflettori da red carpet. Quest’ultimo aspetto ricorda, in parte, i lavori del contemporaneo Greg Williams, fotografo americano specializzato in particolare nel ritrarre personalità di spicco del mondo dello spettacolo hollywoodiano sotto una luce più comune e, quindi, più vera. Proprio il realismo e l’intensità espressiva degli scatti di Orkin, aventi spesso e volentieri al centro la vita di strada e di quartiere, sono ciò che rende la sua opera realmente autentica nel senso più radicale. Per questo motivo, l’arte risulta seconda alla vita e all’esperienza umana, che vengono riprese nella loro veridicità più sentita e con un occhio di riguardo anche per le situazioni e le condizioni di vita più “basse” in quanto anch’esse appartenenti alla sfera di conoscibilità del reale (un tratto condiviso anche dalle correnti realiste e neo realiste in ambito cinematografico quali la Nouvelle Vague in Francia e il Neorealismo italiano). 

 

Ragazzo al Reservoir, Central Park, New York, 1960 © Ruth Orkin Photo Archive

 

A questo proposito, un ulteriore aspetto rilevante dei lavori di Orkin, evidenziato anche nella mostra in questione, è sicuramente l’evidente connessione con il cinema e i suoi caratteri costitutivi, che hanno influenzato in larga parte la visione del mondo dell’artista, cresciuta con l’idea di diventare una cineasta e costretta all’epoca, in quanto donna, a rinunciarvi e quindi a reinventarsi quasi come una “fotografa cinematografica”. Le sue fotografie, infatti sono spesso state descritte come parti separate e “fissate” di un grande film in movimento, complice anche la flessibilità dei soggetti, ripresi in azioni continuate ed esposte allo scorrere del tempo effettivo. Il movimento, di conseguenza, in quanto ennesima componente essenziale dell’esperienza esistenziale, diventa uno dei grandi protagonisti dell’arte fotografica di Orkin, in stretta correlazione con la dimensione temporale: paradossalmente, infatti, alle movenze gestuali che caratterizzano i vari personaggi ritratti corrispondono la staticità e l’inevitabile immobilismo propri del mezzo fotografico che, in quanto tale, si trasforma in cinema solo a livello concettuale e percettivo. Questa è senza dubbio una delle ragioni principali per cui gli scatti di Orkin sono ancora oggi fonte di attrattiva e di estremo fascino, soprattutto grazie alla capacità dell’artista di riprendere in pochi istanti la “piccola storia” delle persone comuni rendendola, tuttavia, significativa e rilevante. 

 

Lauren Bacall, St. Regis Hotel, New York, 1950 © Ruth Orkin Photo Archive