Lousy Smarch Weather

Da queste parti Richard Castro è una celebrità. A dispetto del nome, non è un cantante ma conta più fan/follower di una rockstar, governando una combinazione affascinante di arte e scienza tutt’altro che infallibile. Giovane, bello e smart Castro, per tutti Ricky, è un metereologo del National Weather Service Forecast Office Chicago con una laurea triennale in Atmospheric Sciences. Wow. Virtuoso delle statistiche sui rigidi inverni dell’Illinois e re dei neologismi, nel 2014 inventa la parola ChiBeria (Chicago + Siberia) per sottolineare un’ondata di freddo anomalo, quando parla lui la gente lo sta a sentire. Se non mi credete ‘lanciate’ su Google ChiBeria, il risultato della ricerca è impressionante. Nell’anno dei record, la vittoria dei Cubs dopo 108 anni, il nostro aveva scommesso sul ‘caldo’. E a ragione perché Chicago non conosceva un inverno così mite dal 1880. Record zero snow e tutti pronti a fare gruppo in t-shirt e Havaianas in un nuovo hashtag climatico: #Chiwaii. Nell’inverno del nostro ‘contento’ nemmeno le anatre che ossessionavano Holden Caulfield sono andate da nessuna parte. Incollate sulla superficie lucida e insondabile del Lago Michigan non hanno smesso di starnazzare ai runner affrancati dalle divise HeatTech di Uniqlo, il brand giapponese che produce tessuti termici e spopola nel Midwest, dove negli inverni rigidi il vento taglia la faccia come coltelli affilati.

 

E che dire della Ice Skating Rink di Millennium Park? A questo giro di pista e d’inverno traspirava più dei suoi avventori che a Chicago scivolano sul ghiaccio con la competenza di un giocatore di hockey. Dei Blackhawks of course. In un clima unseasonably warm gennaio e febbraio sono passati con dolcezza tra i playground e gli outdoor dining, tra la parata del Magnificent Mile Lights e quella di St. Patrick’s Day. Poi improvvisamente è arrivata la primavera. E qui marzo è pazzo davvero. Guarda il sole e prende (solo) l’ombrello contro l’‘allerta bufera’. Dopo un inverno eccezionalmente dolce e malgrado l’approssimarsi della primavera, una forte tempesta dal nome siderale (Stella) ha ricoperto di bianco Chicago. Ricky, che per mestiere interpreta e prevede i mutamenti climatici, si è (per)turbato e risvegliato martedì mattina sotto un’abbondante coltre di neve. Nel suo mondo fatto di nuvole, in cui sogna di addomesticare sole e venti, sciorina calcoli e variabili mentre le zuppe Campbell, rese popolari da Warhol, tornano  a fare bella mostra di sé sugli scaffali e i grandi magazzini come Macy’s e Gap pescano nella collezione autunno-inverno indumenti al passo col tempo. Dentro i best health foodstore o le librerie Barns & Noble ripassa il più popolare dei canti di Natale, “Baby, It’s Could Outside”, che finalmente trova clima e soddisfazione. Dopo il baseball, il basket e il football (ogni sport in America ha la sua stagione) è sicuramente il meteo il soggetto preferito delle conversazioni. Perché il tempo a Chicago è un melange di dolcezza e tempeste di neve, di giornate di sole e di giornate di nuvole, di marciapiedi lucidi di ghiaccio e strade inzaccherate di neve fangosa, di grossi fiocchi rotondi e di lunghi raggi di sole. E sul tempo, soprattutto in ascensore, anche gli americani hanno sempre qualcosa da (ri)dire coprendo distanze verticali che conducono con sollievo al proprio piano. A casa finalmente a scommettere con Ricky, sulla distribuzione delle precipitazioni e su quell’ambiente caotico che è l’atmosfera. Enjoy the weather.

Le fotografie sono di Marzia Gandolfi