Edward Norton ci illustra come ha costruito il suo Mike Shiner, attore inaffidabile e narciso che però è un “marchio” di successo a teatro. Il perfetto contraltare per Riggan Thomson (Michael Keaton) protagonista della pièce tratta dai racconti di Raymond Carver. Il problema è che Riggan è un ex star hollywoodiana, ma se se vuole farcela a Broadway, ha proprio bisogno diel bizzoso Shiner.
Sempre connessi
Durante la lavorazione di Birdman dovevamo essere sempre “connessi”. Ma se ti senti sempre seguito dal tuo regista, dal cameraman, se senti che anche loro sono sempre “accessi” ti viene più facile. Era sempre buona la prima. Niente stop, scene da rifare etc etc: Alejandro continuava a filmarci e, sapendolo, era quasi più facile restare concentrato, non perdere il filo e il ritmo. Raramente sul set mi sono sentito così libero: certamente ci ha aiutato arrivare dopo tantissime prove, tantissimo rodaggio. Recitare è davvero un gioco in equilibrio precario: lavori su te stesso, sulla tua interiorità, ma anche sul fatto che cambi pelle ed entri in situazioni e personaggi diversi costantemente. Comunque io ho sempre cercato di imparare il più possibile da tutti quelli con cui ho lavorato: quello che sono oggi lo devo a loro. Confrontarsi con Michael Keato è stato davvero fantastico. Fin dalle prove, con Zach Galifianakis non facevamo che guardarlo e dirci che entrambi siamo cresciuti con Beetlejuice e Turno di notte.
Come Fight Club
Molti citano Fight Club perché là lottavo con Brad Pitt e qui con Michael Keaton. Però stavolta ho sudato di più! È stata una delle scene più divertenti da girare e trovo che lo sia anche da guardare. Continuavamo a interromperci: Michael rideva dei mio costumino e io non riuscivo a prendere sul serio le battute che dovevo dirgli, quelle in cui gli rinfacciavo il suo supereroe e i suoi problemi col padre. E tra l’altro è una scena che viene dopo un’altra molto lunga e pesante… e non volevamo usare gli stunt…
Il mio modello segreto
Tutto il film, Mike compreso, è frutto della genialità di Alejandro. Tutto era già nella sceneggiatura. E se devo dire la verità il mio ispiratore è proprio lui: non per nulla nel film indosso la sua giacca e la sua sciarpa e tante battute su Hollywood sono quelle che gli ho sentito dire. Poi c’è anche un altro modello, ma non rivelerò mai il nome: un attore teatrale molto famoso, un vero mito a Broadway. L’ho conosciuto, ma soprattutto ho memorizzato tantissime storie e leggende su di lui: le trovate tutte nel mio Mike. Era davvero un genio e aveva questa nomea di intrattabile. Faceva cose assurde in scena. La mia generazione è cresciuta con lui: l’ho spesso citato parlando con Leiv Schirieber e Philip Seymour Hoffman che hanno esordito a Broadway nel mio stesso periodo.
Amo i registi che mi affascinano
Mi piace lavorare con registi che mi incuriosiscono e mi affascinano quando mi raccontano il loro progetto. Con Alejandro e Wes Anderson (per The Grand Budapest Hotel) è andata così. Voglio lavorare con persone che sento uniche e interessanti: ho fatto tanti film in passato, ho un curriculum molto ricco e posso permettermi di fare scelte più oculate. Non dico vivere di rendita, ma so che oggi non mi interessa più fare ogni genere di film: prima mi dicevo “voglio provare una commedia poi un film d’amore poi una grossa produzione e subito dopo un film indipendente”… Volevo fare tutto, appunto. Oggi non penso che lavorare di più ti renda un attore migliore: anzi, magari prendendoti delle pause quando poi ritorni sviluppi meglio i tuoi personaggi. Anche la regia… l’ho provata, con Tentazioni d’amore, ma lì, come si vede in 8 e 1/2 di Fellini, si tratta soprattutto di trovare i soldi.
In effetti è vero gli attori ritratti in Birdman son un po’ egocentrici. In realtà io ne conosco di umili e di megalomani. Ma è lo stesso tra gli avvocati e i medici. L’Ego non è solo degli attori. Persino il Dalai Lama ne parla: persino lui combatte contro il suo Ego…
Dichiarazioni raccolte da Veronica Garbagna