Il Joker di Joaquin Phoenix è solo suo. È lui. Ha il suo corpo, i suoi occhi che ti fulminano anche se scappano ovunque, tranne che fermarsi sulle persone. Dei film fumetto e dei fumetti, non gliene frega niente. Di fianco a lui, il regista Todd Phillips gli fa quasi da papà. Lo riporta sulla strada del discorso giusto. Fa notare che più le domande sono semplici, più le sue risposte sono complicate. Per la città che fa da sfondo alla storia bisogna pensare alla New York Anni Settanta e Ottanta in cui, di notte, Martin Scorsese faceva muovere il suo Taxi Driver. E poi, confessa il regista stesso, non si può non pensare a «Toro scatenato, Re per una notte, Qualcuno volò sul nido del cuculo».
Cinema e fumetti
I film fumetto e i fumetti sinceramente non mi interessano. Non volevamo rivoluzionarli o aggiornarli: loro hanno già una loro strada. Noi guardavamo di più a certi film che facevano 40 anni fa. La nostra Gotham City l’abbiamo trovata nel Bronx, a Newark. È quella sporca e piena di vibrazioni dei film di Scorsese. Degli Anni tra i Settanta e gli Ottanta, quando era davvero una città violentissima e disperata. In mano ai topi, come diciamo nel film a un certo punto. Con Todd abbiamo deciso di non porci confini, di sperimentare. Ce ne siamo fregati del fumetto e di tutti i Joker e i Batman precedenti. La massima libertà. Per questo è il nostro Joker, solo nostro. Quando mi ha detto così, che non avrei avuto riferimenti o ispirazioni, ho detto subito di sì. Abbiamo scelto insieme la voce, il suo modo di camminare, la risata, i colori dei suoi abiti.
Davanti allo specchio
C’è anche un film vecchissimo. L’uomo che ride del 1928. A quello ho pensato quando davanti allo specchio mi maschero come lui. Abbiamo cominciato a lavorarci sopra sei mesi prima delle riprese. E poi, sul set, abbiamo discusso di tutto e cambiato tutto fino all’ultimo giorno. Il personaggio l’ho costruito lavorando sia sul fisico che sulla psicologia. Ho pensato a lui come a un uomo che soffre per aver perso l’amore da bambino. E ho cominciato a perdere anche peso. Ma non ho pensato neppure a una particolare malattia mentale. Non voglio che nessun psicoanalista possa diagnosticare una qualche tara precisa.
Alla ricerca della risata
Ne abbiamo provate tantissime… Se ci fate caso, sono tre o quattro risate differenti e alla fine c’è quell’esplosione… di gioia! Diciamo che la risata come la vedete e sentite ha passato parecchi provini. Perché poi io non lo vedo solo così tormentato, il mio Arthur/Joker. A me piace la sua luce. Del resto io non sono neanche d’accordo con voi che dite e scrivete che i miei sono personaggi tormentati. Secondo me lui non vuole scatenare niente. Non è un film politico, questo. Ma su un uomo che cerca se stesso. Fa tante cose per scoprire chi è veramente. Fa qualche scelta sbagliata, questo sì. E questo lo porta a diventare un simbolo di qualcosa che lui non voleva essere. Lui non vuole vedere il mondo che brucia. All’inizio se ne sta seduto. Come me ora…