“Bombshell”, bomba, indica tanto “una notizia esplosiva” quanto “una donna molto attraente” (in origine venne usato per Hedy Lamarr, Marilyn Monroe, Rita Hayworth, Jane Russell… icone di esplosiva bellezza). Facendo riferimento a questa doppia accezione Bombshell. La voce dello scandalo di Jay Roach ripercorre le molestie sessuali perpetrate negli anni da Roger Ailes, Presidente e CEO di Fox News e Fox Television, che portarono al suo licenziamento nel 2016. Il potentissimo Ailes (interpretato qui da un ottimo John Lithgow, anche Russell Crowe aveva vestito i suoi panni nella miniserie The Loudest Voice di Alexis Bloom del 2019) era malato fin da bambino – aveva l’emofilia, l’artrite ed era obeso – e prima di approdare al canale fondato da Rupert Murdoch nel 1996, era stato consulente per i media per Richard Nixon, Ronald Regan e George W. Bush e continuava a esserlo per Donald Trump. Noto anche come “l’uomo delle gambe” per quella che era una vera e propria ossessione – imponeva alle giornaliste di indossare gonne corte e ai cameraman di riprendere le loro gambe, sbraitando affinché l’inquadratura venisse allargata (“Roger is always watching”, “guarda sempre” che già la dice lunga sulla sua natura di voyeur) -, sottoponeva le aspiranti anchorwomen a un provino nel suo ufficio che consisteva nel piroettare su loro stesse, dopo di che per ottenere la conduzione di programmi dovevano assecondare le sue richieste sessuali («Chi in alto vuole arrivare, di bocca deve lavorare»).
Il film, scritto da Charles Randolph (premiato nel 2016 con l’Oscar per la sceneggiatura di La grande scommessa), è stato fortemente voluto da Charlize Theron che lo produce e interpreta Megyn Kelly, giornalista e conduttrice di punta di Fox News. Il film prende le mosse dal dibattito alle primarie repubblicane del 2015 a Cleveland dove la Kelly pone delle domande scomode a Trump sulla sua misoginia, mettendolo all’angolo. Il futuro presidente reagisce nell’unico modo che gli è congeniale, ovvero scatenando contro la giornalista una campagna denigratoria a colpi di tweet e utilizzando commentatori prezzolati che fanno riferimento alla sindrome premestruale della Kelly che ha avuto l’ardire di insistere con le domande. La giornalista farà una parziale marcia indietro in un successivo incontro con Trump, giudicato un po’ troppo accomodante, ma inizierà lei a farsi delle domande. Le stesse che si pone da qualche tempo anche Gretchen Carlson (interpretata da Nicole Kidman), ex Miss America e già giornalista di punta della fascia serale, retrocessa alla fascia pomeridiana per il suo atteggiamento polemico verso Trump. Decide quindi di assumere due avvocati e si prepara alla battaglia, si presenta struccata in trasmissione (visto che viene sempre denigrata per la sua bellezza), suscitando le ire di Ailes che le inveisce contro: «Nessuno vuole vedere una donna in menopausa che suda in diretta». Quando, come è inevitabile, finisce per essere licenziata, denuncia Ailes per molestie sessuali.
Il terzo personaggio è una giovane giornalista Kayla Prospisil (Margot Robbie), una Barbie dagli occhi di cerbiatta che inizia come collaboratrice della Carlson, ma è molto determinata a fare carriera. Si autodefinisce “una millennial evangelica” per ottenere un programma rivolto ai giovani repubblicani, e con un pizzico di audacia riesce ad arrivare nell’ufficio di Ailes e a ottenere ciò che vuole, salvo poi prendere coscienza di quello che le è costato. Girato con uno stile che a tratti ricorda Vice. L’uomo nell’ombra (oltre che il già citato La grande scommessa, entrambi diretti da Adam McKay), con le tre protagoniste che a tratti guardano in macchina per raccontare la loro storia, Bombshell inizia con uno stile di ripresa veloce, fornendo informazioni a raffica, come ben si addice a un canale televisivo di notizie, poi poco alla volta lascia emergere le storie e le personalità delle tre giornaliste. Non c’è vera solidarietà femminile nel film e nella reltà – la strategia di Ailes prevedeva di mettere sempre le donne una contro l’altra per creare competizione –, i tempi del #MeToo sono di là da venire e, volutamente, le tre protagoniste si incontrano un’unica volta sull’ascensore che conduce ai piani alti (all’ottavo c’è Rupert Murdoch, che compare nel finale – un cameo di Malcolm McDowell – per licenziare Ailes che se ne andò con una buona uscita milionaria e morì nel 2017). Un film di denuncia che alterna le immagini dei veri dibattiti televisivi alla finzione, importante per vedere i meccanismi che sempre regolano il (quinto) potere. Alla fine rimane l’amarezza nel constatare che, nonostante tutto, le cose non cambiano (se serve una conferma è sufficiente guardare la sproporzione, a dir poco imbarazzante, tra uomini e donne che compongono le tante task force istituite per l’emergenza CoronaVirus in Italia). La strada da fare è ancora molto lunga…
In sala dal primo luglio.