Mi stai ammazzando, Susana di Roberto Sneider: fino alla fine del mondo e ritorno

«Non sono sicuro di aver colto il finale ma mi è piaciuto.
Se non lo hai colto come ha fatto a piacerti?
Mi piacciono un sacco di cose che non colgo.
Come cosa?
Come te».

 

 

 

 

Mi stai ammazzando, Susana di Roberto Sneider si configura fin dall’inizio come un viaggio di formazione mascherato da commedia romantica dal tono tragicomico, concentrandosi, in particolare, sulla precarietà dell’uomo, a livello lavorativo ed esistenziale, sulla distanza, concreta e astratta e sul particolare percorso di formazione e crescita personale che interessa i due protagonisti. L’attenzione si focalizza primariamente sulla mediocrità di Eligio (Gael García Bernal), un misero ed egoista attore di teatro prestato alle soap opera assolutamente incapace di comprendere, per scarsa empatia, le esigenze e gli altrettanto concreti desideri di realizzazione della moglie Susana (Verónica Echegui), che ripetutamente tradisce con una collega di set. Susana, al colmo dell’esasperazione, decide di partire per gli Stati Uniti per seguire un laboratorio intensivo di scrittura senza avvisare il marito, il quale si ritrova improvvisamente da solo. Deciso a rintracciarla per convincerla a tornare a casa o almeno ottenere qualche spiegazione, Eligio tenta invano di accorciare lo spazio che li separa e di colmare una distanza non solo fisica – la presenza costante delle lunghe strade percorse che attraversano il Nord America -, ma anche emotiva rispetto alla moglie, che continua a sfuggirgli per vivere esperienze sempre diverse e lontane da quelle vissute in Messico. Il distacco in quanto fulcro centrale del film, si riflette significativamente anche nelle caratteristiche strutturali e compositive di alcune inquadrature come quelle iniziali, in cui Eligio, appena sveglio, si trova isolato in una casa svuotata dall’assenza di Susana. Il viaggio di rinascita di entrambi si rivelerà funzionale al loro riavvicinamento, quasi come se per ritrovarsi avessero dovuto per forza separarsi. Ma ben presto si ripresentano le medesime dinamiche, quasi una persecuzione che si rispecchia anche diegeticamente nella struttura di due scene, in Messico e in America, che assumono la stessa forma attraverso la medesima e speculare sequenza di azioni (Eligio, rincasato tardi e ubriaco, si infila nel letto accanto a Susana, che finge di dormire, e la abbraccia).

 

 

La distanza tra i due, oltre che geografica, è anche tra visioni e modi di vivere differenti: tanto Susana si trova a proprio agio in un luogo come l’America, così diverso, per cultura e per tradizioni, dal Messico, quanto Eligio ne disprezza la mentalità e il falso mito dell’ottimismo e del sogno d’oltreoceano, estranei al suo mondo. Per lui, gli Stati Uniti rappresentano un macrocosmo desolante, che trova corrispondenza sia nel caratteristico ambiente freddo e incolto sia nella scelta fotografica dei colori neutri, in contrasto con quelli vivaci e caldi del paesaggio messicano. Questo, secondo lo sguardo del protagonista (chiave di lettura dell’intero racconto), assume una connotazione nettamente positiva che si scontra con il punto di vista di Susana, la quale scopre notevoli opportunità di rinascita e fortificazione proprio nel luogo in cui il marito non riesce a trovare il suo posto, a significare un distacco che appare ormai irrecuperabile. Ed è anche e soprattutto su questo punto che il rapporto tra i due si spezza e non può trovare un compromesso, poiché Eligio non comprende le ragioni profonde che hanno spinto la moglie a compiere un gesto di cesura così estremo, concentrandosi esclusivamente su quello che per lui è il vero problema (il tradimento con un poeta polacco), dimostrando ancora una volta egoismo e un innato orgoglio. In questo senso, il dialogo tra marito e moglie, almeno in prima istanza, non può e non vuole avere luogo, relegando entrambi nel proprio spazio privato e insieme privo di una reale felicità.

 

 

La separazione profonda tra i due raggiunge il culmine nel momento in cui Susana sfugge nuovamente a Eligio e si rifugia a Chicago insieme al poeta, gettando il marito in uno sconforto tale da farlo quasi impazzire ma anche consentendogli di acquisire una nuova consapevolezza. Nonostante l’amore, Eligio capisce che è insensato forzare le cose, quindi torna in Messico dove decide di ricostruirsi una vita diversa ma più autentica: si licenzia, riarreda casa, inizia le prove insieme ad alcuni amici per uno spettacolo d’avanguardia. A fronte della sconfitta della pura illusione romantica, è dunque dopo un movimento continuo ma circolare, insistente, forzato di ricerca di qualcosa di mancante percepito come indispensabile che Eligio riscopre se stesso e il vero e imprevedibile significato dell’esistenza, riuscendo, inaspettatamente, a perseguire in maniera più matura e consapevole quello che è sempre stato il suo obiettivo.