C’è un segreto, molto pesante, che Luc si porta dentro. Riguarda la sua famiglia dalla quale si è allontanato da tanti anni lasciando il villaggio d’origine per una vita urbana condivisa con la fidanzata Nikiya. L’incipit di The Weekend (in concorso alla settima edizione di Monsters) è una breve scena (che ritroveremo, spiegata, verso metà film) in cui un uomo (che sapremo essere Luc) sta per essere sacrificato durante un rituale. Siamo in Nigeria, ma il film di Daniel Oriahi è lontano dagli stili sovraesposti di Nollywood, inscritto nel realismo nel quale, da un certo punto, si inseriscono tracce horror che hanno per set la casa di famiglia di Luc e per protagonisti i genitori e la sorella. Perché Luc ha ceduto alla richiesta di Nikiya, desiderosa di conoscere i familiari del futuro marito. E così la coppia si mette in viaggio per trascorrere un fine settimana lontano dalla città e foriero di eventi inattesi e macabri culminanti con una strage cui si giunge dopo ampie “circumnavigazioni” diegetiche, con un lento procedere narrativo atto a entrare in confidenza con i personaggi e che, grazie a qualche dettaglio, lascia intuire che qualcosa di strano potrebbe accadere – e accadrà. Oriahi, costruendo le scene sulla base di un’impostazione abbastanza classica, si prende del tempo per svelare cosa quella famiglia (e non soltanto essa) celi in un luogo protetto, lungo la strada da percorrere per raggiungerlo, da banditi che controllano chi possa entrare e chi no e che non sono per nulla estranei ai fatti, al rito annuale che vi si celebra di caccia all’uomo, di sacrificio, di cannibalismo. Tutti ne fanno parte, tranne Luc, che fin da piccolo ha sempre rifiutato di mangiare carne.
E ora è tempo che quelle dinamiche familiari, e quelle tensioni pregresse, trovino una soluzione, che quella catena si spezzi – ma forse per ricominciare proprio attraverso l’estranea Nikiya come (forse) lascia intuire il finale aperto dopo che il massacro con spargimento di sangue è avvenuto e che ha portato lo stesso Luc, costretto a ingurgitare brandelli di carne umana e per ciò sentendosi dannato e irrecuperabile, a compiere un gesto radicale. “Ho scoperto di essere attratto da narrazioni con dinamiche familiari disfunzionali”, ha affermato Oriahi. E infatti The Weekend, ricorrendo all’horror dosato con alcune scene splatter, è uno psicodramma familiare per la maggior parte d’interni in cui i personaggi si incontrano e scontrano in un crescendo che rivela cosa si celi davvero dietro le apparenze di un’anziana coppia felicemente sposata da cinquant’anni e della sorella di Luc che sembra accettare passivamente le violenze subite dal fidanzato che ama definirsi “un uomo di sostanza”, mentre il muratore che frequenta la casa sarà figura chiave nel mettere in guardia Nikiya dai pericoli. Il salotto, la sala da pranzo, le camere da letto, le scale, la “stanza segreta” dove mettere in pratica torture e omicidi, la scatola misteriosa custodita gelosamente dalla famiglia, la chiave per aprirla, lo strumento per tatuare sulla pelle il marchio d’appartenenza familiare, vero e proprio “lasciapassare”, sono gli spazi e gli oggetti individuati per portare sullo schermo una storia sostenuta da interpreti che hanno saputo ben esprimere il pensiero del regista: “Ho detto a tutti: moderatevi. Trattenetevi. Non bisogna dare informazioni attraverso i manierismi del corpo o il tono del discorso”.