Santi, prostitute, madri, padri, figli, camorristi e personaggi smarriti in Hey Joe, di Claudio Giovannesi

Tra questa gente senza più cuore
E questi soldi che non hanno odore
E queste strade senza più legge
E queste stalle senza più gregge
Senza più padri da ricordare
E senza figli da rispettare

Adelante, adelante, di F. De Gregori, 1992

 

 


Il tema dominante di un film come Hey Joe ci sembra risieda in una doppia ricerca di identità perduta o mai avuta. In questa prospettiva sembra altrettanto perfetta la scelta di un protagonista come James Franco, che il pubblico che lo ha seguito in questi anni ha sempre considerato come un attore votato a rappresentare il volto di un’America sotterranea e marginale, intimamente legata ad una controcultura antagonista al mainstream, piuttosto che votata ad una spettacolarità seppure di alta qualità come, ad esempio, i marvelliani Uomo ragno nel quale l’attore californiano ha avuto una parte. Premessa necessaria questa per ridisegnare i confini di un film apparentemente semplice nel suo fluire, quanto radicato in un ambiente precario e borderline in quella Napoli degli anni ’70, che nel film sembra assume i profili di un lungo dopoguerra ancora dal sapore malapartiano, in quel perenne movimento degli ambienti, dove la cultura camorrista attecchisce con maggiore facilità. Da questo punto di vista la scrittura di Massimo Gaudioso che ha collaborato alla sceneggiatura, ha sicuramente contribuito positivamente alla riuscita del film. Dean Barry è un veterano di guerra, ne ha fatte tre, e in quella finita nel 1945 a Napoli, dove era di stanza, aveva conosciuto Lucia, figlia dei Quartieri Spagnoli, ragazza semplice e di quella disponibilità dettata dalla fame. Con Dean aveva concepito Enzo. Dean, che nel frattempo è tornato negli Usa, si è sposato e ha pure divorziato, viene a conoscenza solo 25 anni dopo, grazie ad un telegramma arrivato con scandaloso ritardo, della morte di Lucia e del desiderio di Enzo di conoscere il padre. Non avendo più radici negli Stati Uniti, parte per Napoli alla ricerca di Enzo. Angela, una prostituta che si fa chiamare Bambi, conosciuta per caso, sarà la sua segreta mentore in questa discesa in un inferno inatteso.

 

 

Si perché Dean entra in un inferno conoscendo il figlio Enzo che vive al riparo di un camorrista di mezza tacca che si chiama Vittorio, ma che è soprattutto il padre adottivo di Enzo avendo sposato o convissuto con la madre Lucia e accampando diritti sulla vita del figlioccio. L’inferno si sconta in terra per Dean che in questa sua ricerca di stabilità terrena si affida alle cure di Angela, angelo e demonio, in una ulteriore deriva che sembra dare comunque corso ad una terra promessa. Napoli, di nuovo dopo La paranza dei bambini, rappresenta per Giovannesi il regno della precarietà esistenziale e per Dean e Enzo, a sua volta stanco nonostante ancora giovane, di una vita incerta e pericolosa. Padre e figlio dominano la scena in un film che sembra ribaltare le prospettive di un cinema dei nostri giorni che privilegia con assoluta preponderanza la figura genitoriale materna a dispetto di ogni compartecipazione genetica. Giovannesi si fa coadiuvare nella fotografia da Daniele Ciprì, che sa conferire alle immagini quella patina d’altri tempi in una splendida fotografia che al contempo ridefinisce il clima di quegli anni e accentua il sapore di drammatica condizione dei personaggi. Una fotografia che non è cupa, né solare, ma smorzata nei toni e la cui filigrana riproduce i colori degli anni ‘70 così come impressi nella memoria di chi li ha vissuti.

 

 
È dentro una violenza trattenuta, ma snervante, in quell’esplodere inesploso di una rabbia covata da desideri inappagati, da vite alla deriva che Hey Joe sembra attualizzarsi nei nostri tempi, tornando a gridare a gran voce una voglia di sicurezza, che anche per i tempi che viviamo, senza padri e senza figli, si fa lontana in una costante desertificazione di sentimenti e in una maledizione da melò che sembra attraversare con sfumature più o meno accentuate tutto il film. Hey Joe sa diventare cinema del silenzio e di forti sentimenti inespressi, covati e desiderati, raccontando percorsi di redenzione dentro i gironi infernali di una Napoli davvero nata dalla penna di Malaparte e come sempre ribollente di tragedie, santi, prostitute, madri, padri, figli, camorristi e personaggi smarriti senza meta. È in questo orizzonte che Dean perde la sua strada e trova un altro approdo sulle rive di un mare inquieto insieme a due bambini, un cane anziano e una nonna premurosa.