Per arrivare Fino all’osso c’è un percorso di sangue e carne che il nuovo film di Luca Guadagnino compie affondando i denti nell’America degli anni Ottanta. Quella in cui si muove Maren, ragazza abbandonata dal padre dopo l’ennesima crisi che ha riportato alla luce il suo debole per il cannibalismo. La scoperta del mondo “di fuori” in cui si ritrova catapultata, porta così la diciottenne protagonista a scoprire di non essere sola nei suoi peculiari appetiti. Ci sono altri divoratori di carne umana in giro e si riconoscono tra loro attraverso l’odore: come l’inquietante mentore Sully, oppure il giovane Lee, che deciderà di unirsi a Maren nella sua traversata degli States. Già perché Bones and All è prima di tutto una nuova “odissea americana”, un viaggio di lungo respiro compiuto da un regista europeo (dopo i vari Wim Wenders e Paolo Sorrentino) per fare dell’attraversamento fisico del continente un cammino iniziatico sulla scoperta della propria identità. L’obiettivo è quindi ritrovare le radici, ovvero la madre che ha abbandonato Maren ancora piccola, per proteggerla da sé stessa e dal destino di famiglia. Il coming-of-age, la scoperta dell’amore e della sessualità si iscrivono così nel dilemma di imparare a liberarsi: per soddisfare quegli appetiti proibiti, ma anche per governarli in modo da non uccidere persone innocenti, magari distruggendo nel mentre altre famiglie. Tutto Bones and All – presentato in anteprima in concorso a Venezia 79 – è in fondo questo, il racconto della costruzione di un nucleo. Non quello della famiglia tradizionale, che si macchia anzi di abbandono o, ancora peggio, di violenza domestica, ma quello più spontaneo, dato da un’affinità di anime unite da una ricerca, uno scopo, una richiesta di equilibrio.
Guadagnino per questo partecipa dei drammi dei suoi personaggi, li eleva evocando un mito di Saturno al rovescio (con i figli che divorano i padri), ma nello stesso tempo non abbandona mai la prospettiva adolescenziale, rendendo la sua quest un racconto di sentimenti. Il cannibalismo si conferma così la chiave di lettura prediletta (e felicemente problematica) di certo cinema contemporaneo, si pensi a Raw di Julia Ducorneau, ma si potrebbe risalire ancora più indietro, al pionieristico Cannibal Love di Claire Denis. Come loro Bones and All gioca consapevolmente su più fronti, si fa racconto metaforico delle passioni non allineate ai modelli dominanti nei puritani e standardizzati Eighties. Ma si mantiene pure strettamente nel territorio del cinema di genere, guardando agli schemi puri dell’horror, nei puntuali cameo attoriali di Jessica Harper (Suspiria) e David Gordon Green (Halloween). Un “Bella in rosso” più che in Rosa, tanto per restare ai modelli anni Ottanta e al loro capovolgimento. Lo stesso fa a livello visivo, quando contrappone gli interni tagliati da una luce thriller e i boschi immersi nel nero di notti argentiane ai landscape che aprono a una dimensione più epica e lirica. Un mix che avvince e funziona.