Per i cinefili le previsioni del tempo non sono mai state così interessanti come da quando a farle è il regista David Lynch. Ma se Lynch può offrirci, nel clima surreale della pandemia globale, queste perle a metà tra Radio Londra e i report giornalieri dell’agente Cooper, è grazie a chi ha fatto della meteorologia una scienza riconosciuta, e uno di questi è senz’altro James Glaisher: meteorologo, aeronauta, astronomo. Fondatore della Meteorological Society e della Royal Aeronautical Society, Glaisher pubblicò a fine Ottocento importanti studi sulla correlazione tra punto di rugiada e umidità (il punto di rugiada rappresenta infatti la temperatura al di sotto della quale il vapore acqueo condensa) e tra il 1862 e il 1866 ascese al cielo in mongolfiera numerose volte al fine di compiere misurazioni della temperatura e dell’umidità dell’atmosfera ad alta quota. The Aeronauts (2019), narra la storia della prima ascesa del 1862, durante la quale Glaisher batté il record mondiale di altitudine raggiunta con un pallone aerostatico arrivando a superare gli 8800 metri. Diretto da Tom Harper e sceneggiato da Jack Thorne, il film distribuito da Amazon Studios è stato presentato lo scorso anno al Telluride Film Festival e al Toronto International Film Festival, e vede protagonisti Eddie Redmayne e Felicity Jones, nuovamente insieme nel nome della scienza dopo La teoria del tutto (2014).
Deciso a confermare la tesi per cui si possono prevedere le variazioni meteorologiche, Glaisher (Redmayne) convince Amelia Wren (Jones) a fargli da pilota, nonostante le prime ritrosie dovute al trauma della perdita del marito, suo ex compagno di viaggi, suicidatosi durante un volo per liberare peso dal pallone e salvarla. Superata una violenta tempesta, che permette ad Amelia di dimostrare da subito le sue abilità, i due raggiungono i 7000 metri e oltre, incontrando diverse difficoltà dovute alla sempre più bassa temperatura e al suo impatto sui corpi e sulla mongolfiera stessa, tanto da costringere Amelia in pericolose quanto acrobatiche azioni volte a riportare con successo il velivolo a terra. La sceneggiatura, classica ma efficace, procede alternando la narrazione dell’avventura a diversi flashback che rivelano le storie personali dei protagonisti, i cui caratteri risultano ben delineati e supportati da una recitazione convincente (soprattutto Redmayne, credibile già dalla prima inquadratura): scienziato, razionale, lui; pratica, intuitiva, indomita, lei. È lei infatti che “porta”, così nel ballo, così nel cielo, è lei a condurre, è lei a pilotare, come un’altra Amelia (Earhart) che abbiamo conosciuto sul grande schermo, sebbene quest’ultima sia un personaggio storico, mentre quello della Wren di pura fantasia, funzionale a una rilettura contemporanea e gender inclusive dei fatti storici narrati, che videro protagonisti in realtà tre uomini (oltre a Glaisher, l’aeronauta Henry Coxwell e il suo copilota). Risulta a tal proposito apprezzabile e coerente, sempre dal punto di vista della scrittura, il non aver spinto verso una forzata ed esplicita storia d’amore ma l’essersi concentrati sul rapporto professionale tra i due. L’azione si svolge principalmente in cielo e il film è caratterizzato da notevoli effetti visivi che sanno restituire sapientemente la sensazione di rarefazione dell’alta quota. Al contempo, tuttavia, si desidera dal regista che indugi di più sulle panoramiche dei cieli e delle distese di nubi, dando alla pellicola un taglio più visivo e meno narrativo o di puro intrattenimento. Se alcune riprese dell’ascesa, infatti, possono ricordare il prologo dell’Andrei Rublev di Tarkovsky, si ha la sensazione che le acrobatiche e temerarie gesta di Amelia che gestisce i pesanti tiranti e scala la mongolfiera affrontando la gravità e le correnti, potessero offrire una maggiore suspense e incollare lo spettatore allo schermo come fece Alfonso Cuarón nel 2013 con Gravity, altra storia di una nobile ascesa verso le stelle e di uno spettacolare ritorno a terra.