Su Sky Arte l’epopea di un artista eretico: Emilio Isgrò. Autocurriculum sotto il sole di Davide Bassanesi

Nel 1953 il pittore e scultore statunitense Robert Rauschenberg ha proposto una tela completamente vuota che in origine conteneva un’opera di Willem de Kooning (il titolo è: Disegno di de Kooning cancellato / Robert Rauschenberg, il quadro si trova oggi al museo di arte moderna di San Francisco). Non ha nulla a che fare con la poetica di Emilio Isgrò ma è stimolante pensare che fra questi artisti possa esistere una (silente) connessione. Per esplorare il pianeta Isgrò Sky Arte propone Emilio Isgrò. Autocurriculum sotto il sole, un affascinante documentario firmato da Davide Bassanesi. Per conoscere il progetto artistico che racconta il mondo che cancella la parola, il film trova un ammirevole  equilibrio fra le ragioni della testimonianza, del resoconto di una carriera e le ragioni dell’arte. Isgrò si racconta: «mi sono accorto di come la cancellatura aveva delle valenze visive potenti, un aspetto iconico…», ma non è una biografia per immagini. Anche se il titolo ricorda Autocurriculum, l’autobiografia uscita anni fa per Sellerio: un indice di nomi che scorre come un flusso instancabile, divertito e grato di ricordi.

 

 

Piuttosto è il tentativo di fare un punto dinamico sul rapporto fra Isgrò e l’arte, a 60 anni dalla prima cancellatura. Avendo ben presente che nel colloquio con Alberto Fiz (Come difendersi dall’arte e dalla pioggia, Maretti Editore), alla domanda «Cosa significa per lei la parola arte?» – Isgrò risponde in modo epigrammatico: «Dissonanza», specificando inoltre che «oggi, invece, è una consonanza che punta alla conquista del sistema mediatico e commerciale». Guardando il film si comprende che su Isgrò va evitato un fraintendimento: lui ama la parola, ne nutre un vero culto, cancellarla non significa annientarla, bensì restituirle una propria autenticità originaria e ricrearla come fatto visivo con significato, spazio, messaggi diversi, nel costante rapporto con l’immagine. Non si tratta di vanificare semplicemente dei codici visivi e verbali ma di creare nuovi e inediti codici come illustra il colossale colorato Mappamondo, con i Paesi oscurati dal tratto nero di penna, salvo la città di Venezia (in inglese). Per lui anche l’allestimento è scrittura, a questo proposito è esemplare il lavoro su Moby Dick: le pareti diventano pagine di un immenso volume percorso da frasi di Melville con parole cancellate che spezzano lo spazio, le sale scompaiono e tutto appare in movimento, quasi che il visitatore entri nel ventre della balena.

 

 

Emilio Isgrò. Autocurriculum sotto il sole è una sorta di taccuino d’appunti (per immagini) di un viaggio in Italia attraverso lavori come Isgrò cancella Brixia a Brescia; Isgrò: Dante, Caravaggio e la Sicilia a Palermo e a Taormina; Il sillogismo del cavallo a Carpi; l’installazione creata con Mario Botta per il Maxxi di Roma Non uccidere… E non manca il teatro con le schegge da L’Orestea di Gibellina che sono potentissime ed esaltano il lavoro sul carattere multidisciplinare di uno spettacolo che utilizza più linguaggi, da quello visivo alla scrittura. La colonna sonora di Gianluigi Trovesi (con la consulenza di Federico Troncatti) riporta in vita Cara Rusina, il brano di Giuseppe Isgrò,  e racconta molto sul padre di Emilio, ebanista, compositore, titolare di una piccola orchestra da ballo. Chiave ideale per comprendere il rapporto con il suono dell’artista. Attivo nelle Avanguardie degli anni Sessanta fra Poesia Visiva e Concettuale, Isgrò se ne allontana per procedere in una via solitaria e totalizzante: cancella, testi, immagini, numeri, manoscritti, libri, mappe. Inizia da brani di giornali cancellati e fin da subito impone il proprio linguaggio nella lotta fra parola e immagine, visibile/invisibile, presenza/assenza..Esemplari in questo senso le immagini dedicata all’evento Isgrò cancella Brixia, Brescia come Atene, con Il Teatro Romano del percorso archeologico che ospita il dramma in versi Didone Adonais Domine, tappa di una narrazione che si esprime con  installazioni monumentali, fisiche, digitali e performative, da L’incancellabile Vittoria, della stazione della metropolitana Brescia FS, al Discobolo nel Museo di Santa Giulia cancellato da file di formiche. C’è un verso di Dante che potrebbe cogliere il gesto più tipico e l’etimo psico-filosofico dell’arte di Isgrò:«Ma tu che sol per cancellare scrivi» (Paradiso, XVIII, 130). Dante si riferiva a un papa opportunista (Giovanni XXII), ma oggi quel verso assume una nuova rilevanza e un senso imprevisto se riferito a un artista eretico che ci ha mostrato un segno linguistico rivoluzionario, nutrito da una consapevolezza stordente.