Lee Miller di Ellen Kuras (già assistente di Spike Lee e Michel Gondry, suo il notevole documentario The Betrayal – Nerakhoon) è un progetto che Kate Winslet ha inseguito per un decennio. L’attrice è rimasta stregata dalla biografia, Le molte vite di Lee Miller (Contrasto, pag. 296, euro 21,90), scritta da Antony Penrose («Dopo la morte di Lee abbiamo scoperto molte scatole e bauli pieni di negativi, stampe originali e manoscritti, spesso ridotti a brandelli dalla censura»), figlio del pittore e poeta surrealista Sir Roland Penrose e della modella e fotografa. Lee Miller (1907-1977), ha vissuto molte vite, aperto e chiuso tante vie, trascorso molte stagioni diverse. Il film è il racconto che l’anziana Lee (Kate Winslet) fa al ragazzo (Josh O’Connor) che la intervista. La scopriamo giovane e ribelle, sotto il sole del Sud della Francia. È la fine degli anni Trenta e l’americana Lee ha già vissuto un paio di vite. Modella (già negli USA, “scoperta” da Condé Nast), musa, amante di Man Ray (e altri, surrealisti e no), ha iniziato a usare la macchina fotografica. Incontra, seduce, fa sesso e lega a sé per tutta la vita l’artista Roland Penrose (Alexander Skarsgård). Con lo scoppio della guerra, vanno a Londra. Lei lavora, sotto le bombe, per British Vogue. Il giornale per cui andrà al fronte. Con la sconfitta imminente dei tedeschi, attraversa la Germania. Con lei, tra le rovine, il fotoreporter ebreo americano di Life David E. Scherman (Andy Samberg). È Germania anno zero: fotografano i cadaveri dei nazisti suicidi, fanno il bagno nella vasca di Hitler, annusano e scattano la morte a Dachau. Ma quelle foto di Lee, British Vogue non le pubblicherà…
Kate Winslet ha cesellato un personaggio indimenticabile grazie a un lavoro certosino: ha consultato archivi per anni per portare sullo schermo una protagonista assoluta del ‘900, una fotoreporter che ha visto e registrato la Storia attraverso l’obiettivo. Guardando il film è impressionante vedere il processo di creazione di iconiche foto su avvenimenti come coprendo eventi come il Blitz su Londra, la liberazione di Parigi e i campi di concentramento di Buchenwald e Dachau. Ecco allora le immagini di Solange D’Ayen interpretata da Marion Cotillard, nobile, giornalista di moda, artista e sostenitrice dei surrealisti, grande amica di Miller. Poi le modelle in maschera antigas, i corpi riversi, i forni e i treni dei lager, i sopravvissuti. Fino a quelle incrociate di lei e Scherman nella vasca da bagno, a casa di Hitler a Monaco di Baviera. La regia è classica e rassicurante, al servizio della cronaca storica e della sua tragica e grandissima protagonista. Winslet è davvero coraggiosa a mettere in scena l’auto-tragedia (quasi greca) di donna che vuole testimoniare tutto. La Bellezza e la Morte. Le sue innumerevoli vite e la realtà/mondo/epoca. Dalla Moda a Dachau. Un’eterna combattente con la missione di mostrare la realtà più terribile anche sulla rivista più patinata. Perché la verità non deve essere censurata, altrimenti si ripresenterà.