Venezia81 – Il tempo di morire: The Room Next Door, di Pedro Almodóvar

Ossessioni che ritornano e fantasmi di scenari possibili attraversano l’ultima fatica di Pedro Almodóvar, che stavolta si trasferisce nell’inedito contesto statunitense per The Room Next Door (da noi in arrivo come La stanza accanto e presentato in concorso a Venezia81), suo primo film in lingua inglese. È qui che, proseguendo idealmente un discorso intrapreso in Dolor y gloria, l’autore spagnolo torna a riflettere sulla malattia e lo spettro della morte, affidandosi al duetto d’attrici fra Julienne Moore e Tilda Swinton, ovvero Ingrid, una scrittrice che teme l’estremo momento e lo esorcizza attraverso i suoi libri, e Martha, reporter in zone di guerra alle prese con un cancro terminale. Ritrovatesi dopo alcuni anni, le due prendono in affitto una casa fuori città, dove Ingrid ha accettato di assistere Martha nelle ultime ore prima del suicidio, per permetterle di attraversare la soglia terminale alle sue condizioni. La vita e la morte insomma, con i timori che accompagnano la prima e la determinazione con cui andare incontro alla seconda, descrivono un perimetro che il film sembra ossequiare nettamente attraverso un impianto di teatrale precisione, in una location quasi esclusiva dove l’elaborazione empatica del mondo della scrittrice deve suo malgrado piegarsi al razionalismo con cui l’amica giornalista vuole affrontare l’ultimo viaggio.

 

 
Nel gioco degli estremi, lo sguardo di Almodóvar si fa però fautore di una prospettiva trasversale, descrive geometrie creative che si riverberano nel rapporto a due: Martha chiede a Ingrid di prendere posto nella stanza accanto alla sua, ma lei invece preferisce quella al piano di sotto, mentre colori e architetture reinventano in continuazione gli spazi che sembrano allargarsi o restringersi, quasi a voler partecipare dell’ideale turbinio dei sentimenti in atto. Larvatamente si innesta un meccanismo hitchcockiano (evidente nella partitura hermanniana del sodale Alberto Iglesias), da thriller dei sentimenti. Verità familiari mai rivelate che tornano a riemergere per trovare la loro ideale conclusione, segreti affidati a un’amicizia riallacciata dopo anni, versioni da opporre a un mondo impreparato alla complessità degli approcci possibili alla vita e alla morte aprono così spiragli sempre più progressivi di umanità in una vicenda densa che rompe gli schematismi e cerca, in puro stile almodovariano, di evitare tanto la rassegnazione quanto la disperazione, cercando un suo personalissimo ideale di bellezza. È un film tanto apparentemente dimesso quanto capace di giungere a una vibrante e sentita pacificazione, The Room Next Door, un viaggio di accompagnamento verso la consapevolezza di quanto si è compiuto e di serenità per chi è andato e chi resta. Un film in grado di elaborare il tempo e i rapporti che nello stesso si sono sedimentati, con ammirevole maturità.