Pubblichiamo, in tre puntate, un saggio di Fabio Vittorini sulla narrativa trans: un viaggio fra letteratura, cinema e serie tv dal 1960 ai giorni nostri. (In apertura un’immagine di Marcella di Folco tratta da Amarcord di Federico Fellini).
Nell’Italia in cui si era appena insediato il terzo governo Fanfani, quello che Moro definì delle «convergenze parallele», con la DC al centro e intorno PLI, PRI, PSI e PSDI a garantire separatamente sostegno, un’Italia puritanissima la cui massima trasgressione pubblica ammessa era quella della dolce vita romana, anticorpo innocuo con cui il sistema manteneva saldo il suo baricentro, Gioacchino Stajano Starace Briganti di Panico, nipote del gerarca fascista Achille Starace e primo omosessuale dichiarato in Italia, dopo gli scandali dei romanzi autobiografici Roma capovolta e Meglio l’uovo oggi, pubblicati dall’editore Quattrucci di Roma nel 1959 e subito sequestrati, usciva con Le signore sirene (1961). Un romanzo, quest’ultimo, con al centro delle «creature mitologiche» di sesso e temperamento incerti, «donne soltanto per metà. Per il resto erano mostri», ovvero «infelici creature femminili che nascono sterili, col dono di una voce melodiosa e il marchio di una capigliatura verde che deve essere occultata con tinte e parrucche per risultare del tutto simili, in apparenza, alle donne vere»: creature che con «un occhio piangevano e con l’altro ridevano», «esseri assurdi ed incomprensibili, creando i quali la Natura aveva beffato l’umanità che si vantava di conoscere di Suoi segreti e le Sue leggi». Creature che anticipano forse inconsapevolmente la creatura che Stajano diventerà nel 1981 , di ritorno da un soggiorno a Casablanca durante il quale si era sottoposto a un’operazione di riattribuzione chirurgica del sesso (un anno prima dall’approvazione della legge 164, che riconosceva la condizione delle persone transessuali e il diritto all’«adeguamento dei caratteri sessuali da realizzare mediante trattamento medico-chirurgico»), prendendo il nome di Maria Gioacchina detta Giò: la prima transessuale dichiarata in Italia. Prima di diventare Sirena, Stajano partecipò come attore a diversi film di Fellini (proprio La dolce vita, sebbene il suo cameo sia poi stato tagliato), Corbucci, Risi, Steno, Freda, Sordi, Di Leo, esattamente come Marcella di Folco (nata Marcello Di Falco), che recitò in Satyricon, Roma, Amarcord (immagine in apertura) e La città delle donne di Fellini, oltreché in Todo modo di Petri e Un borghese piccolo piccolo di Monicelli, cambiò sesso nel 1980 e diresse per molti anni il MIT fondato nel 1979 da Pina Bonanno, cambiando la versione estesa dell’acronimo da Movimento Italiano Transessuali a Movimento Identità Transessuale.
Prima, con i suoi primi due romanzi Roma capovolta e Meglio l’uovo oggi, insieme a Gli occhiali d’oro (1958) di Giorgio Bassani, L’Anonimo lombardo (1959) di Alberto Arbasino, Il gesuita perfetto (1960) e I giardini segreti (1961) di Furio Monicelli, Stajano ha dato inizio alla letteratura omosessuale in Italia, che fino a lì poteva annoverare solo i cimenti isolati di Aldo Palazzeschi e gli accenni al tema schizzati da Alberto Moravia in Agostino (1943), da Mario Soldati ne La confessione (1955), da Pier Paolo Pasolini in Ragazzi di vita (1955) e Una vita violenta (1959), da Giovanni Testori ne Il ponte della Ghisolfa (1958), e le rappresentazioni (al tempo inedite) a scena aperta di Carlo Coccioli in Fabrizio Lupo (pubblicato nel 1952 a Parigi e tradotto solo nel 1978) ed Ernesto di Umberto Saba (scritto nel 1953, ma pubblicato postumo nel 1975). Poi, con Le signore sirene, Stajano dà corpo al primo abbozzo, sommessamente mitologico-metaforico, di ritratto di identità transgender, che troverà un seguito solo quasi vent’anni dopo, quando, forti dell’attività del MIT, escono testi cronachistici a metà strada tra l’autobiografia e il reportage come Vita da Travestito. Transessuali: chi, dove e come sono (1979) di Maria Adele Teodori, Donna come donna. Storie di amori e lotte dei transessuali italiani (1981) di Pina (Giuseppe) Bonanno e Paola (Adolfo) Astuni, Secondo natura. Da donna a uomo: storia del primo caso di rettificazione di sesso avvenuto in Italia con l’autorizzazione della magistratura (1987) di Laura Paoloni e Princesa. Dal Nordeste a Rebibbia: storia di una vita ai margini (1994), autobiografia di Fernanda Farias De Albuquerque scritta a quattro mani con Maurizio Iannelli. Alle spalle di questa vague di letteratura trans (che usiamo come formula sintetica per indicare sia transgender che transessuale), però, resta imprescindibile l’elaborazione teorica di Elementi di critica omosessuale (1977) di Mario Mieli, che afferma spavaldo:
i “casi” di transessualità manifesta riflettono le problematiche relative alla contraddizione tra i sessi e alla repressione dell’Eros, che è repressione della universale disposizione transessuale (ovvero polimorfa ed ermafrodita) umana: i transessuali manifesti, perseguitati dalla società che non ammette confusione tra i sessi, tendono spesso a ridurre la propria effettiva transessualità a monosessualità apparente, cercando di identificarsi col sesso storico “normale” opposto al loro sesso genitale; così, la donna transessuale si sentirà uomo, scegliendo la virilità, mentre l’uomo transessuale si sentirà donna, scegliendo la femminilità. Un essere umano dal sesso “imprecisato” circola per le strade del capitale molto meno facilmente di un uomo che sembri, a tutti gli effetti esteriori, donna o di una donna che sembri uomo.
Fatta eccezione per il tema del femminiello, accennato ne La pelle (1949) di Curzio Malaparte (portato sul grande schermo nel 1981 da Liliana Cavani) ed esplorato in Scende giù per Toledo (1975) di Giuseppe Patroni Griffi, i primi esempi di fiction pura italiana a tema trans sono La maschia (1979) di Vittorio Camillo Pescatori e Il risveglio dei Faraoni (scritto tra il 1979 e il 1983, ma pubblicato clandestinamente solo nel 1994) di Mario Mieli, magistralmente analizzati da Marco Pustianaz nel saggio Genere intransitivo e transitivo, ovvero gli abissi della performance queer (2000), e Cima delle nobildonne (1985), secondo e ultimo romanzo di Stefano D’Arrigo, dove la vicenda chirurgica del protagonista si ammanta di riferimenti alchemico-ermetici ai miti dell’androgino, della metamorfosi e della metempsicosi e di riferimenti letterari a Pinocchio di Collodi. Seguono, senza alcuna pretesa di esaustività, il racconto lungo in prosa lirica Luna l’altro (1999) di Simona Segalini, ripubblicato dieci anni dopo con un supplemento, e il più denotativo romanzo Il viaggio di Arnold. Storia di un uomo nato donna (2005) di Davide Tolu. Più di recente escono Resto umano: storia vera di un uomo che non si è mai sentito donna (2014) di Anna Paola Lacatena, Met(àMor)fosi (2016) di David Barzelatto e due testi “anomali”: Mescolo Tutto (2016) di Yasmin Incretolli, storia della diciannovenne Maria che infligge al suo corpo compulsivamente tagli (simili a quelli mostrati nella performance di Gina Pane del 1976 che dà il titolo al romanzo) che ricordano il taglio cui si è sottoposta l’autrice nel 2011, primo minorenne in Italia a cambiare chirurgic
amente sesso, criptando la semantica della transizione dentro quella dell’autolesionismo; Dolore minimo (2018) di Giovanna Cristina Vivinetto (che ha avuto il riconoscimento anagrafico di donna senza aver fatto l’intervento), in cui la questione della trasformazione identitaria viene raccontata in versi lirici.