La Netflix della cultura italiana e le parole in libertà del ministro Franceschini

«Stiamo ragionando sulla creazione di una piattaforma italiana che consenta di offrire a tutto il mondo la cultura italiana, non come adesso in modo volontario, gratuito, ma a pagamento. Un po’ una Netflix della cultura italiana che potrebbe servire in questa fase di emergenza per offrire i contenuti culturali in un’altra modalità, in un modo strutturato. Ci sarà chi andrà a vedere la prima della Scala a teatro e chi pagando la vedrà da casa». Queste le parole del ministro della Cultura Dario Franceschini “intervistato” (in realtà senza alcuna volontà di approfondire la questione, sembrava più una chiacchiera tra amici in videochiamata), da Massimo Gramellini sabato 18 aprile a Aspettando le parole. Dopo settimane di silenzio questa è la proposta che arriva dal Governo, fatta senza aver minimamente consultato gli esperti del settore.

 

 

 

Alcune considerazioni e alcune domande in merito al teatro:

  1. Per sua natura il teatro è spettacolo “dal vivo”, fatto in presenza. Sudore, lacrime, sussurri e grida, arte complessa del qui e ora. Trasporlo su uno schermo, per quanto grande, lo riduce inevitabilmente alla bidimensionalità. Ci sono ovviamente spettacoli del passato che sono stati ripresi e costituiscono un prezioso archivio a cui attingere e che va sicuramente alimentato. A questo proposito le Teche Rai sono fenomenali (con spettacoli di Giorgio Strehler, Eduardo De Filippo, Carmelo Bene, Gilberto Govi e molto altro) e la stessa RaiPlay presenta già «in modo strutturato» una selezione di spettacoli (un totale di 96 titoli, con una maggioranza di opere liriche, la parte del leone la fa ovviamente il teatro alla Scala visto che Rai5 trasmetteva in diretta la prima del 7 dicembre).
  2. Non a caso il Ministro ha citato solo il Teatro alla Scala, eccellenza mondiale. Si può immaginare che i Teatri Stabili godranno dello stesso trattamento, con riprese dei loro spettacoli trasmesse poi a pagamento. Ma che ne sarà dei teatri non finanziati dallo Stato, delle piccole realtà, delle compagnie indipendenti? A questo proposito sarebbe stata utile una domanda perché il «faremo tutto il possibile perché tutte le attività ripartano», ripetuto più volte a inizio collegamento non è sufficiente.
  3. Le riprese di uno spettacolo teatrale sono estremamente complesse e richiedono un investimento economico notevole. Chi se ne farà carico?
  4. «La potenzialità enorme che ha il web per la diffusione di contenuti culturali», come osserva il ministro Franceschini, è condivisibile. Se messi nelle condizioni per farlo, i teatri potrebbero potenziare la loro comunicazione digitale e magari farne una fonte di ricavi, come succede per esempio in Francia. Una volta finita l’emergenza quali sono gli stanziamenti del governo in tal senso? Sono previsti fondi per tutti i teatri affinché facciano il salto nel digitale?

Le questioni verranno forse sviscerate nei prossimi giorni come fa pensare lo «stiamo ragionando» del Ministro, ma se questa è la proposta per il teatro assisteremo a una tragedia.