Cannes74 – Il rimpianto impossibile di Marx può aspettare di Marco Bellocchio

Fare i conti con le cose del passato non ancora comprese. Dopo un’intera carriera a scavare nella ferita famigliare, si libera di ogni schermo e affronta l’ultimo nodo ancora non sciolto: il suicidio del fratello gemello Camillo, nato dopo di lui di poche ore e da quel momento lasciato sempre un po’ indietro rispetto agli altri fratelli. Marx può aspettare, presentato nella nuova sezione Cannes Premiere, in occasione della Palma d’onore consegnata al regista piacentino nella serata di premiazione (in Italia è in sala da alcuni giorni) è una sorta di diario che contiene le riflessioni di tutti i membri della famiglia Bellocchio ancora in vita. Letizia, Pier Giorgio, Maria Luisa, Alberto e con loro i figli e i nipoti, per un pranzo destinato a diventare il punto di partenza di un viaggio lungo ottant’anni. Dagli anni della guerra e dei bombardamenti a quelli della scuola. Camillo è in classe con Marco fino alla terza media, ma poi viene mandato a studiare per diventare geometra, perché non dimostrava quell’attitudine agli studi degli altri. La vita scorre in questo documentario e Camillo, l’angelo bello e allegro, lentamente si spegne. I film di famiglia, però, ritraggono un giovane spensierato, che punta lo sguardo direttamente nell’obiettivo senza tradire mai il suo logorio interiore. Accano alla sua storia, materiali d’archivio ci propongono il controcampo dell’Italia, la Guerra, Mussolini, il referendum per la Repubblica, il ’68, l’anno in cui Camillo si toglie la vita nella sua palestra a soli 29 anni. Ma quello di Bellocchio è un viaggio che non dimentica la dimensione della profondità e che ritroviamo come flash, illuminazioni improvvise in quel cinema che ha accolto i momenti salienti della sua vita. Il tormento del fratello Paolo, con il suo continuo urlare in preda alla follia, la morte del padre, la religiosità “medievale” della madre. E allora I pugni in tasca, Gli occhi, la bocca, La Cina è vicina, L’ora di religione. Continui sconfinamenti a cavallo tra la realtà e la sua trasfigurazione sullo schermo, traslata, o meglio, accresciuta dalla distanza della rielaborazione intellettuale e militante, in anni in cui il cinema la letteratura e la politica ti salvavano la vita. Ma “Marx può aspettare” dice Camillo a Marco, che gli consigliava di cercare una motivazione nell’attivismo.

 

 

E poi ci sono le sorelle, Letizia e Maria Luisa, la cognata Pia la sorella della fidanzata di Camillo. Il lato femminile, razionale, lucido e spirituale di questa lungo viaggio nel tempo e nell’intimità dei suoi protagonisti. Il racconto pieno di spavento di quel giorno di dicembre che si ripete, come un disco rotto, le corse per tornare a Piacenza, il biglietto d’addio, le lettere incomprese, le parole che ritornano alla mente, analizzate, studiate, interpretate senza il conforto della certezza. Perché ognuno ha la forza di mettersi a nudo e di trovare le parole di un rimpianto impossibile da cancellare, ma nessuno può fare a meno dei “se”. Ecco i fantasmi di Camillo, sopravvissuti a interrogare fratelli e sorelle, con tutti i sensi di colpa impossibili da sopire, le teorie, le bugie raccontate alla madre, perché ai suicidi era destinato l’eternità del limbo. La famiglia italiana, dunque, numerosa, apparentemente unita, in realtà luogo di mancanze affettive, dove ciascuno è impegnato a  sopravvivere. La famiglia della sistemazione sociale/economica, le caselle in cui rientrare per essere felici, la realizzazione in un universo già competitivo, il successo, infine, vera e propria arma a doppio taglio.